La Batera, una tradizione persa

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È già, qualcuno la conosce? La batera? La celebre mietitura annuale, il momento in cui ci si gioca un anno di duro lavoro, il frumento è maturo va raccolto e custodito per la preziosa farina con la quale si lavora il nutrimento di prima necessità, pane, pasta, impasti di vario tipo. Alimento di sopravvivenza per l’intera popolazione mondiale.

Un tempo era considerata una vera e propria festa, più che lavoro era una scusa per festeggiare il raccolto.

Arrivava la macchina per mietere e credetemi se vi dico che era bene avere campi grandi perché un tempo la mititrebbia non aveva niente a che fare con quelle che conosciamo oggi. Richiedeva esperienza di manovra e molto spazio.

Ma non basta, il personale richiesto varia dalle sei o sette unità alle decine a seconda della quantità da mietere. Uno o due, anche tre, devono mettere sul nastro covoni ( fasci di grano), altre due o tre persone devono essere pronte a riempire i sacchi, altri devono controllare che tutto fili lischio, che nulla si inceppi, altrimenti guai, tutto il meccanismo si blocca e giù a ripara con cacciavite e martello.

Qualche altro esperto deve tenere sotto controllo le balle di fieno che siano legate bene altrimenti la paglia  si sparge dappertutto e addio caldo e soffice letto per le mucche e cavalli.

Dove recuperare tanta manovalanza? Tra gli amici contadini, che non si aspettano certo un compenso in denaro ma aiuto per quando saranno loro a mietere il loro grano, e un pasto caldo, e quando dico pasto caldo intendo in senso stretto del termine, perché non importa se è giugno o agosto, la tradizione vuole che per la batera ci sia brodo o zuppa, seguiti da bollito o galletto da mandare giù insieme ad un buon bicchiere di vino, per concludere con una cantata in compagnia.

E il giorno dopo? Una bella dormita? Non esiste! Il giorno dopo si va dall’amico contadino anche lui ha bisogno di aiuto per mietere.

Un lavoro da uomini, pensano alcuni. Ma per le donne a casa a preparare il pasto per quindici venti persone, il lavoro si fa duro, sì perché tutto è rigorosamente nostrano e fatto in casa. Ne sa qualcosa la mia nonna che in queste occasioni non faceva mai mancare anolini in brodo, bollito e arrosto ripieno con salsa verde, crostata che serviva anche per la merenda di metà pomeriggio.

Quindi buon appetito! …o buon lavoro, fate voi.

Purtroppo oggi la festa è finita, arriva il mostro di ferro verde con la sua cabina che si muove senza essere trainato da un trattore, si miete il grano che si rovescia direttamente sul camion, poi sono problemi tuoi ad insaccare. Si riscuote il compenso e via da un altro cliente.

Niente festa, niente cantata, nulla di quella sana e genuina solidarietà di un tempo ormai sperduto, c’è posto solo per la nostalgia, ma noi dell’Associazione Amici di Vianino ci piace ricordarla così, con una delle nostre feste alla quale siete tutti invitati, non ci sarà la salsa verde, ma per resto non manca nulla.

Al prossimo anno.

Bozzu

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