Fred Vargas, Prima di morire addio

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Anno pubblicazione 2010

  • pagine 196
  • prezzo 16,50 €
  • nome traduttore Margherita Botto
  • collana Einaudi Stile Libero

Nell’afa della Città eterna, le stanze della Biblioteca Vaticana sembrano coprire delitti ben piú torbidi del furto di un disegno di Michelangelo. La mano ferma e ironica di Fred Vargas tesse qui un giallo raffinato e potente.
Con un vescovo un po’ eccentrico sul punto di diventare cardinale, diplomatici, esperti e mercanti d’arte, una bellissima parigina che fa troppi viaggi a Roma, e tre studenti francesi che l’adorano. E dove il segreto piú oscuro, come sempre, è nascosto nelle profondità del cuore.”

Con il ritardo proprio dell’editoria italiana è stato pubblicato nel 2010 uno dei primi romanzi di Fred Vargas, scritto nel 1994.

In questo “primo” giallo sono presenti in nuce alcuni dei tratti dei personaggi che oramai fanno parte dell’immaginario collettivo dei lettori della Vargas: Adamsberg e i tre evangelisti.

A titolo di esempio non è possibile non notare le somiglianze del gruppetto composto dai tre imperatori romani con i caratteri dei tre evangelisti.

Altrettanto naturalmente si notano le differenze nello stile e nell’ambientazione: primo elemento fra tutti è appunto il collocare l’azione non a Parigi o nell’entroterra francese ma a Roma, anche se si tratta di una Roma che viene appena abbozzata, che non ha una sua anima ben percepibile e che si evidenzia soprattutto nel nome di alcune delle vie più famose.

L’intrigo è come sempre ben costruito e regge fino alla fine: la scrittrice si diverte anzi a quasi proporre al lettore diverse possibilità per sciogliere il mistero, tutte egualmente credibili, che lasciano una sorta di dubbio

sulle reali motivazioni del duplice omicidio. Anche in questo caso si ha un esplicito richiamo alla semplicità del delitto, che è cifra stilistica della Vargas: i delitti sono semplici e, più ci si sforza di trovare soluzioni complicate, più ci si allontana dalla verità.

La vicenda prende il suo avvio da un disegno di Michelangelo che pare essere stato rubato dalla Biblioteca Vaticana. Henri Valhubert, editore ed esperto d’arte, si reca quindi a Roma ma, prima di essere riuscito a scoprire alcunché, viene ucciso durante una festa notturna in Piazza Farnese.

I primi sospettati sono il figlio della vittima, Claude, e i suoi due amici, Tibére e Néron, che formano il gruppo dei tre imperatori, legati da un’amicizia indissolubile. I tre sono studenti e risiedono a Roma, preferendo però frequentare le feste che non le aule di studio. C’è poi Laura, affascinante seconda moglie di Valhubert e matrigna di Claude, per la quale i tre nutrono una vera e propria adorazione. Infine monsignor Lorenzo Vitelli che veglia sui tre ragazzi ed è amico d’infanzia di Laura.

Fin dall’inizio la pista del disegno rubato non è l’unica ad essere esplorata perché fondamentale sembra essere l’eredità del defunto: il compito del riservato magistrato Valence e del commissario Ruggieri, pur con le loro differenze caratteriali, sarà proprio quello di non farsi depistare da chi cerca di manovrare dietro le quinte tutti i protagonisti per riuscire a farla franca.

– Sabrina –

Per caso… fu Battiato.

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Penso che ognuno di noi abbia un cantante o un gruppo musicale che gli è particolarmente caro.

Vuoi perché ricorda momenti speciali della propria vita o perché apre la strada ad emozioni profonde ed intime.

Per quanto mi riguarda è Franco Battiato ed oggi parlerò di lui.

Conobbi la sua musica per puro caso. La storia è alquanto bizzarra, forse strampalata ma tant’è.

Avevo 19 anni, erano le 4 del mattino (rientravo da una serata particolarmente “faticosa” trascorsa in una nota discoteca rock di Milano): prima di addormentarmi ero solita accendere lo stereo e far sì che la musica mi conducesse tra le braccia di Morfeo.

Quella sera mi misi il pigiama, mi infilai sotto le coperte, presi il telecomando del mio stereo e lo accesi. Sbagliando pulsante, premetti FM e dalla modalità CD passai alla modalità “Radio”. Tra l’altro la frequenza su cui capitai era una di quelle che mai avrei scelto spontaneamente.

Avevo già il dito sul pulsante che mi avrebbe prontamente riportato al mio amatissimo rock quand’ecco che il suono dei violini di quella che diventò una delle mie canzoni preferite mi immobilizzò. Chiusi gli occhi e garantisco di essermi trasformata per quasi 5 minuti in un volatile. Non importava quale, io stavo volando per merito delle note di quella canzone. Ho pensato: “diamine, qui nulla è lasciato al caso. Le parole, la melodia, l’utilizzo di determinati strumenti in momenti ben precisi sono studiati e incastrati sapientemente con l’obiettivo di rendere esattamente l’idea del volo degli uccelli. Questo qui è un genio. Speriamo che alla fine del brano dicano chi è”.

Non lo dissero. L’indomani (non avevo ancora la comodità delle applicazioni che trovano titolo, interprete, autore e forse individuano anche l’umore del compositore al momento del concepimento del brano) effettuai una ricerca con le poche parole che ricordavo per trovare il nome di quello che scoprii essere “Franco Battiato”.

Mi documentai su questo signore, cercai di capire chi fosse e rimasi affascinata dalla sua personalità musicale. Eclettico ed innovatore, mi piacque la sua continua voglia di sperimentare e soprattutto la scelta del lessico che usa per le sue composizioni.

Alla musica sperimentale degli inizi (per esempio la canzone “sequenze e frequenze” presente nell’album “sulle corde di aries”) che lo vide scegliere strumenti inusuali per creare singolari atmosfere preferisco, per gusto personale, quella degli anni successivi, quando tornò alla musica tradizionale.

La cosa che più mi incuriosisce e coinvolge della musica di Battiato è che tutto è ben amalgamato. Le mie orecchie si beano delle note, delle parole, dell’armonia dei suoi brani. Poco importa che io ne capisca solo un terzo e che non sia nemmeno sicura di averli capiti del tutto. A me piace. Questo mi basta.

In un’intervista Franco disse: “«Credo, al contrario di quelli che non hanno capito niente dei miei testi e li giudicano una accozzaglia di parole in libertà, che in essi ci sia sempre qualcosa dietro, qualcosa di più profondo […] Quando si intende adattare un testo alla musica si scopre che non è sempre possibile. Finché non si fa ricorso a quel genere di frasi che hanno solo una funzione sonora. Se si prova allora ad ascoltare e non a leggere, perché il testo di una canzone non va mai letto ma ascoltato, diventa chiaro il senso di quella parola, il perché di quella e non di un’altra. Per capire bisogna ascoltare, serve animo sgombro: abbandonarsi, immergersi. E chi pretende di sapere già rimane sordo”.

Queste parole rappresentano quello che è il mio rapporto con la musica di Franco Battiato. E’ pancia. E’ lasciare che qualcosa di forte e potente, la musica, ti trasporti con tutta la sua energia.

L’album “la voce del padrone” è stato il primo che ho comprato. Ogni traccia è stata ascoltata miliardi di volte. Penso di aver rotto le scatole a tutto il vicinato con “Bandiera Bianca” ed il suo splendido testo.

Una volta consumato quell’album passai a “mondi lontanissimi” e consumai pure quello. La canzone che ascoltavo senza stancarmi era “no time no space”, anche se devo ammettere che per quanto mi riguardava, quando avevo il tempo di farlo, ascoltando tutto l’album senza interruzione venivo catapultata davvero verso mondi lontanissimi. Capolavoro!

Una cosa che mi piace tantissimo di Battiato è che tratta tematiche comuni senza mai banalizzarle. La tematica dell’amore, per esempio, viene raccontata nella canzone “e ti vengo a cercare” con una profondità ed una naturalezza che mi colpiscono ogni volta che l’ascolto. Senza dimenticare, naturalmente, “la cura”, considerata una delle più belle canzoni d’amore mai scritte.

Successivamente comprai “Giubbe rosse” e mi innamorai di “Alexander Platz”, costringevo le mie amiche ad ascoltarla in macchina, a tutto volume.

Da quel momento non mi persi più un album e andai a molti suoi concerti. Ciò che mi piace di Battiato è che nessuna sua esibizione è uguale all’altra.

Molti altri cantanti e autori hanno collaborato con lui. Chi lo conosce un po’, riesce a capire che c’è il suo zampino pur non sapendolo, anche solo ascoltando un brano cantato da un altro interprete. Per esempio Alice (per la quale scrisse “Per Elisa” e con la quale cantò, tra le altre, la meravigliosa “i treni di Tozeur”; Milva (che interpretò la sopra citata “Alexander Platz”) Carmen Consoli (tutto l’universo obbedisce all’amore), Morgan e tanti altri. Si tratta di personaggi di un certo tipo, stravaganti e particolari che cantano canzoni con un determinato stile che può andare d’accordo con la filosofia di Battiato.

Rischierei di scrivere un articolo lunghissimo perché ci sono davvero tante, tantissime canzoni stupende, ricche di significato che meritano almeno due righe di spiegazione. Vi invito davvero ad ascoltare ed approfondire la conoscenza di questo grande maestro che non è solo cantante ma anche regista teatrale e autore di diversi dipinti. Merita veramente.

Concludo con una canzone sempre attuale che parla della nostra Patria. Una canzone che potrebbe tranquillamente essere stata scritta oggi. Ma anche… dopodomani! Grande Franco!

– Roberta –