Angela Lansbury, ricordi di carriera.

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Ci piace ricordare questa grade attrice così, con la sua eleganza e il sorriso immancabile. Morta a 96 anni, Angela Lansbury è nota a tutti noi per la serie tv “La signora in giallo”, ma la sua carriera parte nella grande Hollywood. Fuggita da Londra durante gli anni della guerra nel 1940, ottiene subito i suoi primi ruoli nel cinema. A soli 21 anni riceve già due nominations agli Oscar per ” Gaslight” e ” Il ritratto di Dorian Gray”. Ben 6 Golden globe vinti. Ha recitato con i grandi attori hollywoodiani restando sempre umile e senza far mai parlare di se o della sua vita privata. Vincerà poi l’oscar alla carriera.

Per la sua fisicità dai tratti molto più adulti rispetto alla sua età, Angela ha spesso interpretato ruoli di donne molto più grandi di lei in maniera credibile e con successo. Recita con attori del calibro di Ingrid Bergman, Katharine Hepburn e Liz Taylor. Dal grande schermo il passo successivo è stato il teatro. Una volta che i ruoli del cinema sono venuti a mancare, proprio il teatro le ha dato la fama e il rispetto. Vincitrice di ben 5 Tony Awards ( l’equivalente degli Oscar per il teatro), torna a quel cinema che nuovamente si ricorda di lei.

Arrivano ruoli molto amati dal pubblico come: “Assassinio sul Nilo” e “Assassinio dietro lo specchio” tratti dai romanzi di Agatha Christie. Un grande successo anche per il film Disney ” Pomi d’ottone e manici di scopa”, uno dei primi a mischiare la grafica cartoni animati e veri attori, per quegli anni era una tecnica molto apprezzata. Il suo più grande successo rimane sempre la serie tv ” La signora in giallo” che con ben 12 stagioni e oltre 260 episodi e 4 film per la televisione l’ha fatta conoscere in tutto il mondo.

Sarà proprio il personaggio di J. B. Fletcher, la scrittrice di gialli che risolve i casi di omicidio, a darle la fama al grande pubblico. Replicato all’infinito sino ad oggi, la serie ha una struttura del classico giallo ma con grandi innovazioni. Angela si batte infatti, con la Universal che vuole ” sistemare” e far sposare il suo personaggio, mentre l’attrice ritiene che un personaggio femminile e completamente autonomo sia ciò che desidera. Divenuta anche produttrice della serie, in tutti i crimini i suoi assassini una volta messi alle strette confessano. La morale e il rispetto anche nel crimine per lei sono importanti.

Ci sarebbe tanto da raccontare sulla vita provata di questa grande attrice, ma preferisco non farlo proprio per il riserbo che ha sempre tenuto e che non l’ha mai portata al centro di nessun gossip. Vi lascio alla sua ultima dichiarazione rilasciata al NY times:

Posso dirlo in tutta onestà, ero davvero una brava attrice, ero per prima cosa un’attrice e non un bel visetto. Sono stata soprattutto una caratterista, ma il ruolo in cui non sono stata una caratterista è stato proprio quello di Jessica Fletcher. Jessica Fletcher era probabilmente la cosa più vicina alla donna che sarei potuta essere se non fossi diventata un’attrice

Michele

Ritornano le collane di libri

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Molti di voi ricorderanno i tempi d’oro delle edicole, quelli in cui ogni settimana c’era qualcosa e si trovavano riviste per appassionati di ogni genere con una moltitudine di allegati. Oltre a questo c’erano alcune case editrici che ogni anno emettevano collane a fascicoli o libri per gli appassionati. Tutto questo negli anni è andato diminuendo se non scomparendo. Da una parte si sa, le persone leggono poco, dall’altra internet e l’accessibilità ha ristretto il pubblico pagante.

Negli ultimi due anni però, si è imposta sul mercato una casa editrice che ha iniziato a riemettere collane di vario tipo. Complice la pandemia tra lo scorso anno e questo, mi sono ritrovato a leggere una marea di libri ed avendo la prima libreria ad una distanza di 30 km ho deciso di provare qualcosa nell’edicola sotto casa. Ho scoperto così un nuovo mondo di offerte di vari generi. Ho iniziato dalla collana ” storie senza tempo”. Grandi autori e autrici di classici di cui tutti abbiamo sentito parlare ma che magari non abbiamo mai letto, almeno nel mio caso.

Molti di questi classici sono stati poi trasposti al cinema. Se vi lasciate quindi andare, scoprirete un mondo di storie che se pur di una certa epoca passata sono dannatamente attuali. Se le copertine possono sembrarvi soft, il contenuto racchiude grandi storie di tradimenti, amori scandalosi, omicidi, e tanto altro ancora. I classici dell’800 colpiscono ancora oggi per le tematiche che ciclicamente si ripropongono nella società odierna.

A volte proprio il cinema vi può trarre in inganno, infatti leggendo ad esempio ” La lettera scarlatta” ho scoperto che l’omonimo film con Demi Moore non è per nulla fedele alla storia, mentre una Jane Austen con ” Orgoglio e pregiudizio” se pur un classico è una lettura molto scorrevole. Ogni settimana un autore nuovo e un nuovo classico viene pubblicato e dal lato positivo c’è sicuramente una edizione molto curata, in copertina rigida ed esteticamente molto gradevole. Non ultimo il prezzo che sui 10 euro a libro è estremamente competitivo per una edizione di questo tipo.

Si trovano collane per tutti i gusti, per i più avventurieri per esempio ci sono i romanzi del grande Jules Verne. Autore molto prolifico che è riuscito a far diventare quasi mito alcune delle storie più belle come ” Viaggio al centro della terra ” o ” il giro del mondo in 80 giorni” o ancora avventure nello spazio o negli oceani come ” ventimila leghe sotto i mari”. Un a collana intera dedicata ai maestri del fantasy con tanti autori differenti ed ancora da poco uscita la collana sul mito di Re Artu

Quest’ultima invece è quella che ho meno apprezzato in quanto non sono romanzi originale ma cronache, i loro autori non sono conosciuti e sono veramente brevi tanto che chiamarli libri è forse anche troppo. Ho invece molto apprezzato la collana su Sherlock Holmes un grande classico che non stanca mai. Ne è prova il fatto che negli ultimi anni abbiamo avuto nuovi film e serie proprio sul tema e di cui anche in questo blog abbiamo recensito

Se avete voglia di provare e buttarvi in nuove letture o riprendere grandi classici che non avevate mail letto è sicuramente una buona opportunità. Qualcuno di voi ha letto una di queste collane? Avete come me sperimentato? Fateci sapere

Michele

Michel Robert, La bocca delle Carpe

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La bocca delle carpe. Conversazioni con Amélie Nothomb

  • Anno pubblicazione 2019
  • Autore: Michel Robert
  • Pagine 128
  • Prezzo 15 euro
  • Edito Voland
  • Tradotto da Sara Manuela Cacioppo

       

Premessa intellettualmente onesta: io adoro Amélie Nothomb.

Quando era ancora possibile partecipare alle presentazioni dei libri io ero sempre in fila per andarla ad ascoltare e farmi firmare il suo ultimo romanzo… diciamo l’intera verità: se me lo chiedesse mollerei tutto e tutti e scapperei con lei.

La mia è però una di quelle passioni che si nutre di quello che scrive la persona, e non della sua vita privata, (di cui sapevo quello che si legge in quarta di copertina). Mi sono incuriosita quando sono venuta a conoscenza di questo libro, che in Italia è pubblicato dall’editore di tutti i romanzi della Nothomb, mentre in Francia da un editore meno conosciuto di Albin Michel, e ho deciso di acquistarlo.

I numeri di questa artista sono impressionanti: 27 romanzi all’attivo, tradotta in 45 lingue, e la cifra strabiliante di 16 milioni di copie vendute.

Michel Robert, scrittore e artista visivo, ha raccolto in questo volume le conversazioni che ha avuto in anni diversi con Amélie.

Devo ammettere che non ho sempre apprezzato le domande di Robert: si ha a volte l’impressione che voglia fare sfoggio della sua conoscenza delle opere della scrittrice per fare “bella figura”, piuttosto che per analizzare più nel dettaglio alcuni temi, ma ha sicuramente il pregio di aver coperto tutta la gamma delle domande possibili.

Si spazia così dall’infanzia di Amélie fino alla vita adulta, dalla consapevolezza delle sue fragilità e del suo dono (che lei definisce l’unica cosa che sappia fare) ai suoi pensieri sulla politica, la letteratura e il rapporto con i suoi ammiratori e con le critiche, anche feroci, di cui è stata ed è oggetto. Si fa anche un accenno alla sua famiglia, il rapporto con l’amore… insomma, il ritratto a 360 gradi di una donna sicuramente fuori dal comune, dotata di una straordinaria sensibilità e di una sconfinata dose di gentilezza e ironia.

A proposito: perché è stato scelto questo titolo? Perché per la nostra artista nulla è più dégoûtant della bocca di questi animali, ed è stato per causa loro che, a 4 anni, la Nothomb ha tentato per la prima e ultima volta il suicidio… come non ammettere che si trattava di una bimba dal temperamento volitivo?

Lettura imperdibile per chi non vede l’ora di leggere la sua nuova opera.

– Sabrina –

La Genova Male, Matteo Monforte

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MATTEO MONFORTE

La Genova male

  •  Anno pubblicazione 2009
  • Ean 9 788889 966457
  • Pagine 184
  • Prezzo 4,90 euro
  • Editore Chinaski Edizioni

Alcuni anni fa in libreria mi sono imbattuta in Il meglio che possa capitare a una brioche di Pablo Tusset: titolo geniale (e non svelerò quale sia questo “meglio”) e una bella trama. Ecco. Se vi siete dilettati con la scrittura di Tusset (o anche se non lo conoscete affatto!) vi consiglio questo giallo di Matteo Monforte. Conosciuto come autore di testi per la televisione e pezzi per comici, ha cominciato con questo libro la sua carriera parallela di scrittore.

Ma non divaghiamo… dal libro di Tusset è preso un po’ del carattere stravagante del protagonista e la come viene resa la città che fa da sfondo a tutta la vicenda (là Barcellona, qui Genova), mentre la storia è assolutamente originale.

Conosciamo così Martino Rebowsky, “trombettista pigro, misogino, sporcaccione e sempre più grasso”, io narrante e compiaciuto brontolone durante l’indagine grazie alla sua amicizia con Alessandro Costa, commissario della Mobile di Genova. Terza protagonista è Marta Soleri, la ragazza uccisa. Inizialmente la sua morte viene creduta un suicidio, ma da subito iniziano a esserci i “soliti particolari che non quadrano”. La stessa vita della Soleri è molto più complicata di quella delle sue compagne di università: ha un fidanzato spacciatore e manesco e una doppia vita di cui nessuno è al corrente e che ha in Leila, forse, la chiave della soluzione.

La sensazione è quella di essere al centro di una vera inchiesta, con le false piste, la mancanza di indizi, le mezze verità, le ripicche, i colpi di fortuna che aiutano a sbrogliare la matassa e la scocciatura di lavorare mentre gli altri sono al mare e Genova ha la temperatura di una fornace (e qui ritorniamo al carattere brontolone del protagonista).

La città è la quarta protagonista: la storia si svolge nell’ufficio del commissario e presso il Vecchio e il Mare, locale realmente esistente; talvolta vengono usati termini dialettali e molti luoghi sono facilmente riconoscibili. Aiutano soprattutto a rendere la compenetrazione della Genova bene dei quartieri signorili e di chi può comprarsi un alibi all’occorrenza con la Genova male del titolo, dei quartieri popolari e di tutto il popolo borderline che lo abita.

A fare da contrappunto all’indagine, Rebowsky e le sue sbronze, le Colazioni del Campione e le avventure oniriche con Charlize Teron. Rebowsky, per chi se lo stesse chiedendo, è chiaramente un richiamo a Bukowski per certi atteggiamenti… ma decisamente il nostro genovese è più simpatico (per quanto…).

Lo svolgimento è lineare e la scrittura fluida e piacevole, tanto che è estremamente difficile abbandonare la lettura una volta cominciata perché si prova una istintiva simpatia per i protagonisti.

Infine, godibilissimi i titoli dei capitoli, che rendono bene il ritmo della vicenda.

– Sabrina –

 

 

 

Fred Vargas, Prima di morire addio

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Anno pubblicazione 2010

  • pagine 196
  • prezzo 16,50 €
  • nome traduttore Margherita Botto
  • collana Einaudi Stile Libero

Nell’afa della Città eterna, le stanze della Biblioteca Vaticana sembrano coprire delitti ben piú torbidi del furto di un disegno di Michelangelo. La mano ferma e ironica di Fred Vargas tesse qui un giallo raffinato e potente.
Con un vescovo un po’ eccentrico sul punto di diventare cardinale, diplomatici, esperti e mercanti d’arte, una bellissima parigina che fa troppi viaggi a Roma, e tre studenti francesi che l’adorano. E dove il segreto piú oscuro, come sempre, è nascosto nelle profondità del cuore.”

Con il ritardo proprio dell’editoria italiana è stato pubblicato nel 2010 uno dei primi romanzi di Fred Vargas, scritto nel 1994.

In questo “primo” giallo sono presenti in nuce alcuni dei tratti dei personaggi che oramai fanno parte dell’immaginario collettivo dei lettori della Vargas: Adamsberg e i tre evangelisti.

A titolo di esempio non è possibile non notare le somiglianze del gruppetto composto dai tre imperatori romani con i caratteri dei tre evangelisti.

Altrettanto naturalmente si notano le differenze nello stile e nell’ambientazione: primo elemento fra tutti è appunto il collocare l’azione non a Parigi o nell’entroterra francese ma a Roma, anche se si tratta di una Roma che viene appena abbozzata, che non ha una sua anima ben percepibile e che si evidenzia soprattutto nel nome di alcune delle vie più famose.

L’intrigo è come sempre ben costruito e regge fino alla fine: la scrittrice si diverte anzi a quasi proporre al lettore diverse possibilità per sciogliere il mistero, tutte egualmente credibili, che lasciano una sorta di dubbio

sulle reali motivazioni del duplice omicidio. Anche in questo caso si ha un esplicito richiamo alla semplicità del delitto, che è cifra stilistica della Vargas: i delitti sono semplici e, più ci si sforza di trovare soluzioni complicate, più ci si allontana dalla verità.

La vicenda prende il suo avvio da un disegno di Michelangelo che pare essere stato rubato dalla Biblioteca Vaticana. Henri Valhubert, editore ed esperto d’arte, si reca quindi a Roma ma, prima di essere riuscito a scoprire alcunché, viene ucciso durante una festa notturna in Piazza Farnese.

I primi sospettati sono il figlio della vittima, Claude, e i suoi due amici, Tibére e Néron, che formano il gruppo dei tre imperatori, legati da un’amicizia indissolubile. I tre sono studenti e risiedono a Roma, preferendo però frequentare le feste che non le aule di studio. C’è poi Laura, affascinante seconda moglie di Valhubert e matrigna di Claude, per la quale i tre nutrono una vera e propria adorazione. Infine monsignor Lorenzo Vitelli che veglia sui tre ragazzi ed è amico d’infanzia di Laura.

Fin dall’inizio la pista del disegno rubato non è l’unica ad essere esplorata perché fondamentale sembra essere l’eredità del defunto: il compito del riservato magistrato Valence e del commissario Ruggieri, pur con le loro differenze caratteriali, sarà proprio quello di non farsi depistare da chi cerca di manovrare dietro le quinte tutti i protagonisti per riuscire a farla franca.

– Sabrina –

“LA PIOGGIA PRIMA CHE CADA”. O DELLA FELICITA’ IMPERFETTA

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E’ il titolo la prima cosa attraente di questo romanzo di Johthan Coe.

Può esistere la pioggia prima che cada? Naturalmente, no, non è reale ma non è questa la cosa importante. Ciò che esiste è un senso di attesa, uno stato d’animo, una visione, un attimo sospeso di pura intensità che precede la pioggia. Nell’aspettativa, in questa quiete carica di rivelazione, risiede il senso di questo romanzo totalmente femminile descritto con grande precisione e maestria.

“Sai Thea, non esiste una cosa come la pioggia prima che cada. Deve cadere, altrimenti non è pioggia” Era un principio stupido su cui insistere con una bambina e mi pentii di aver cominciato. Ma Thea sembrava non avere alcuna difficoltà ad afferrarlo, semmai il contrario perché dopo qualche minuto mi guardò e scosse la testa con commiserazione, come se stesse mettendo a dura prova la sua pazienza dover discutere di questioni del genere con una ritardata. “Certo che non esiste una cosa così” disse. “E’ proprio per questo che è la mia preferita. Qualcosa può ben farti felice, no? Anche se non è reale”

Prima ancora della storia, colpisce la struttura narrativa del romanzo: protagoniste sono 20 fotografie attraverso le quali si snoda la lunghissima storia delle diverse generazioni femminili di una famiglia, dalla seconda guerra mondiale al nuovo millennio, al cui centro c’è il tema della maternità e dell’amore.

Maternità dolorose e difficili di madri mancate, piuttosto che pessime madri dagli amori difficili. Amore in tutte le sue forme e sfaccettature: eterosessuale e omosessuale, quello ricercato e quello mancato, amore non corrisposto, ma in ogni caso motore potente delle storie che ci accomunano.

Le 20 fotografie sono legate ai ricordi e alla storia incredibile di Rosamond, un’anziana signora che prima di lasciare la sua vita vuole sottrarre all’oblio, attraverso la conoscenza, la vicenda di Imogen, una ragazza cieca privata dall’età di tre anni della sua vera identità.

La pioggia prima che cada si apre con una telefonata che annuncia a Gill la morte di sua zia Rosamond, ritrovata sulla sua poltrona di casa nella campagna inglese Shropshire, in una situazione piuttosto strana: di fianco a Rosamund, un registratore in mano, vengono trovate delle cassette, con la raccomandazione di farle avere a Imogen.

La misteriosa terza beneficiaria del testamento, oltre ai nipoti Gill e s David risulta però introvabile, cade nel vuoto ogni appello e ogni ricerca. Spetta a Gill e alle sue figlie, a questo punto, ascoltare quelle cassette da dove esce la voce pacata di zia Rosamund che attraverso la descrizione di ogni fotografia, racconta a Imogen la sua storia, la storia delle sue origini e di una famiglia che non può ricordare.

Ogni foto rievoca un evento, un luogo, un’epoca, un ricordo, tutto descritto minuziosamente fino al più piccolo dettaglio, perché dove la vista manca le parole possano arrivare.

Rosamund guarda le foto con distacco e disincanto, eppure con profonda partecipazione pur non lasciandosi ingannare dalla bellezza e dai sorrisi, perché lei ricorda…..e anche se con profonda emozione, riesce a non piangere la vita passata, i suoi momenti peggiori come i migliori.

La forza del suo racconto è incentrata sull’amore per la verità, per quanto dolorosa possa essere, per le storie che non sono mai morte perché possono illuminare il presente.

Le storie di Rosamund s’intrecciano, si chiudono ma non si concludono, appartengono tutte ad uno stesso cerchio, fino al punto di non ritorno che coincide con l’oblio, quello stesso oblio che lei vuole ora scardinare.
La storia di Rosamund, Beatrix, Thea e Imogen è complessa, piena di sentimenti contradditori, a volte malati; una storia amara, talvolta crudele e si dipana come un viaggio dentro un universo femminile popolato di madri, figlie, amiche, compagne di vita. Un viaggio popolato da sentimenti complessi, da situazioni che non ammettono redenzione: ci sono madri che non sanno amare i figli e donne che custodiscono dentro di sé tanto amore ma non possono avere figli. Un storia di destini incrociati, di colpe che passano da madre in figlia e non ammettono redenzioni.

E’ proprio la voce sommessa di Rosamund l’anima di questo romanzo. E’ una voce pacata e limpida, disincantata ed emozionata allo stesso tempo, una voce che porta con sé il carico del tempo vissuto, dal tempo dello sfollamento durante la guerra a casa di sua cugina Beatrix con la quale stringe un patto di sangue, al vissuto con sua figlia Thea, per arrivare a Imogem e alla decisione di ridarle ciò che le è stato tolto: la sua vera identità.

– Carmela –

CANTO DELLA PIANURA, CUORE PROFONDO E MARGINALE D’AMERICA

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Stavo per parlarvi di un libro che ho letto questo autunno per curiosità, perché era piaciuto a molti e tanti me l’avevano consigliato. Non dirò di che libro si tratta. Posso dire che ho avuto qualche difficoltà, non sapevo cosa dire di preciso. Sì la storia, d’accordo. Ma non si era fermata dentro di me, mi aveva attraversata e, come un alito di vento, puff …svanita! Così mi sono fermata e ho deciso di cambiare tutto.

Ho deciso di scrivere di questo libro che si chiama Canto della Pianura. Certo, non posso dire che non sia un libro di successo, tutt’altro. Dopo l’uscita dell’ultimo volume (Crepuscolo nel 2016) di quella che è stata chiamata La Trilogia della Pianura, non si fa altro che parlare di lui, dello scrittore, e dei suoi libri.

Si chiamava Kent Haruf, lo scrittore, ed è scomparso nel 2014 a 71 anni. Ha avuto una vita di traversie eppure non ha mai deciso di abbandonare la scrittura. Il successo è arrivato a 56 anni proprio con Plainsong, questo il nome originale di Canto della Pianura: uscito negli Stati Uniti nel 1999, finalista al National Book Award, è stato pubblicato in Italia nel 2015, dall’editore NN, dopo Benedizione, il romanzo che chiude la trilogia.

A questo punto, spero di aver suscitato la vostra curiosità e non vedete l’ora di saperne di più. Il fatto è che proprio per la sua singolare semplicità è difficile parlarne, rendere le atmosfere, i personaggi, uomini e animali, stagliati sul vasto orizzonte che circonda la città di Holt nel Colorado, cuore profondo e marginale d’America.

Oltretutto Holt è una città che non esiste ma si è materializzata nell’immaginazione dell’autore che l’ha forgiata talmente bene da risultare reale: dalla Main Street è partito a costruire strade, disseminandole di case, la scuola, l’ospedale, l’emporio e il ferramenta, taverna e il ristorante, tutte cose non possono mancare in una cittadina; ha descritto inoltre con impareggiabile precisione l’imponente pianura circostante, ultimo avamposto prima delle grandi montagne. Una città così reale da essere lei stessa protagonista. Un luogo come tanti, dove tutti si conoscono, le loro storie minime sono strettamente connesse e diventano simbolo di una condizione umana di amore deluso, solitudine, follia, estraneità ma anche di speranza e riscatto.

Così a Holt, tra le pianure del Colorado, va in scena la vita di gente semplice. Il romanzo è tutto qui…per modo dire!

A Holt c’era quest’uomo, Tom Guthrie, se ne stava in piedi alla finestra della cucina, sul retro di casa sua, fumava una sigaretta e guardava fuori, verso il cortile posteriore su cui proprio in quel momento stava spuntando il giorno”.

L’incipit del romanzo dice molto sul tono, sullo stile, sulla apparente semplicità della narrazione, sulla scrittura piana e quasi colloquiale

Il romanzo inizia così, con un tono semplice e colloquiale, che lo scrittore utilizza per raccontare le storie della gente di Holt, che all’inizio appaiono singole ma in realtà hanno profonde relazioni.

Tom, professore di storia americana, e i suoi figli, Ike e Bobby, vivono momenti difficili all’interno della famiglia, dove una moglie e madre delusa e amareggiata, scivola nella depressione vivendo la sua vita in una stanza buia, si trasferisce poi da sola in una casa e infine li abbandona e fugge a Denver presso la sorella. Intorno a questo nucleo, emerge lo sforzo di Tom per stare vicino ai due ragazzi, aiutarli a crescere e ad attraversare il dramma dell’abbandono. Uno sforzo oltremodo necessario per se stesso che si trova anche problemi legati al suo ruolo di insegnante e a fronteggiare le minacce del bulletto di turno e della sua ottusa famiglia.

Victoria Roubideaux è invece una diciassettenne che rimane incinta di un ragazzo venuto da Denver, viene scacciata dalla madre e si rifugia a casa di Maggie Jones, sua insegnante, decisa a tenersi il bambino da sola. Infine, le inesistenti storie dei due vecchi fratelli Macpherson, Harold e Raymond, due allevatori che vivono soli da una vita intera in una fattoria a poche miglia da Holt.

Saranno loro, su iniziativa di Maggie Jones, ad accogliere la giovane Victoria, in cerca di rifugio e dell’affetto di una famiglia. Un incontro che cambierà per sempre i loro destini, dei due burberi e solitari fratelli e della ragazza impaurita e sola. Sono commoventi i loro tentativi per essere gradevoli e gentili con Vittoria, i loro sforzi per trovare argomenti di conversazione che rompano la barriera di inadeguatezza e paura.

Holt è una città di allevatori dove l’aria è pulita, i tramonti lunghi e interminabili, il vento sibila gelido, gli animali fanno sentire i loro versi che risuonano solitari nella pianura e la gente arriva a sera stanca dalla fatica di accudire il bestiame o da altre attività quotidiane.

In questa atmosfera normale, quasi remota, non avviene nulla di eclatante, ma i personaggi vivono i drammi veri della vita, fatti di incontri e abbandoni, violenze e vendette, fughe e ritorni. In queste storie tutti attraversano momenti difficili o vere e proprie crisi esistenziali. L’autore affianca i personaggi mentre vivono e ci racconta le sfaccettature delle loro vite, rendendoci partecipi e facendoci condividere le loro emozioni. Ci troviamo così a osservare l’incedere implacabile delle loro esistenze, a riconoscervi storie che ci sembra di aver già visto o ascoltato.

E allora, ci si chiederà, dov’è risiede l’originalità del romanzo? Si potrebbe rispondere nella semplicità, delle persone e delle loro azioni, descritte in modo così minuzioso da renderle riconoscibili: piccole e grandi fatiche quotidiane, dolori e delusioni, ma anche sentimenti nobili, come solidarietà, comprensione, amore, che rendono la vita degna di essere vissuta.

Storie di disarmante semplicità narrate senza fronzoli con la voce quasi confortante di chi rievoca episodi familiari della sua vita con una scrittura che va il più possibile vicino all’osso, come lui stesso la definiva.

Canto della pianura è un romanzo magnetico e attraente per la pura realtà di quelle vite portate alla ribalta, descritte in modo così minimo da essere mostrate nell’essenza della loro natura, della loro realtà, dei loro gesti.

E se è vero che i gesti sono coinvolgenti, allora il lettore si ritrova coinvolto, quasi personaggio egli stesso, partecipe delle vicende di Guthrie, Victoria, i fratelli McPheron, Maggie, Ike e Bobby, e del resto della gente di Holt.

– Carmela –

La vigna di Angelica, Sveva Casati Modignani

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  • Copertina flessibile: 484 pagine
  • Editore: Sperling & Kupfer (21 giugno 2016)
  • Collana: Pickwick

Quest’estate ho deciso di leggere qualcosa di diverso, pensavo qualcosa di un autore noto ma che non avevo mai avvicinato. Mi sono imbattuta così quasi per caso in un romanzo di Sveva Casati Modigliani, autrice molto nota e amata che ha al suo attivo 29 romanzi, sembra tradotti in 20 paesi che hanno venduto circa dodici milioni di copie. Forse è per questo che non l’ho mai letta prima, la scrittura facile, al ritmo di un libro all’anno mi insospettisce ma….è solo un mio problema perché Sveva Casati Modigliani ha un grande seguito e anche chi la legge per la prima volta rimane avvolto dalle sue storie! A riprova di ciò, posso aggiungere che chi me l’ha suggerito, un mio amico, anche lui è rimasto affascinato e nel consigliarmela mi ha detto “è una lettura leggera e avvincente, che va benissimo in vacanza, ti piacerà”. E così ho preso in prestito “La vigna di Angelica” e in una cornice da sogno, davanti ad un magnifico panorama, tra l’azzurro dello Jonio, il verde brillante degli aranceti e quello più denso degli uliveti, in un casale del ‘700, in piena Calabria, ho iniziato.

La lettura è sì agevole e coinvolgente tanto più che l’ambientazione e l’argomento ci è molto familiare. Siamo in piena Franciacorta e Angelica è l’erede della tradizione vignaiola della famiglia Brugliani, da oltre due secoli proprietari delle vigne e dell’antico monastero di Borgofranco dove la protagonista vive con la sua famiglia, circondata dalle sue vigne, e dove produce vini pregiati come tante signore delle nostre etichette più note al mondo. E in effetti è la stessa autrice a rivelarcelo, per i personaggi principali del romanzo si è ispirata al mondo reale. Dice Sveva Casati Modigliani

Una decina d’anni fa sono diventata amica di alcune signore del vino. Donne nate e cresciute tra i vigneti, imprenditrici che avevano continuato il mestiere dei loro padri, con aziende vinicole che sono ormai fra le eccellenze del nostro paese. Lì ho scoperto un mondo di grande fascino, non solo rispetto alla produzione vinicola, ma anche rispetto alle storie di famiglia. Allora ho deciso che dovevo raccontare la loro storia. Ho inventato il personaggio di Angelica mettendo insieme i caratteri e i fatti di alcune di queste signore”.

E siccome il quadro non sarebbe completo senza il cibo, ecco apparire il tenebroso Tancredi “Il personaggio maschile l’ho costruito immaginando un mix degli chef che più mi hanno affascinata: Massimo Bottura, Gualtiero Marchesi, Antonino Canavacciuolo.

Gli ingredienti ci sono tutti e il risultato è una storia imperniata su alcuni caposaldi della narrativa dell’autrice come la famiglia, la storia, l’ambiente. In un moto costante di balzi nel passato e incursioni nel presente, la storia si svolge sotto i nostri occhi con estrema naturalezza. La vita di Angelica Brugliani, imprenditrice di successo, moglie, madre, sembra perfetta, ma è nello stesso tempo piena di ombre e di sogni infranti. Grazie a delle lettere anonime viene a conoscenza dei tradimenti del marito Raffaello Rovesti, brillante e ambizioso giornalista. Il mondo che aveva faticosamente ricostruito dopo un primo matrimonio contratto molto giovane, le cade improvvisamente addosso e una sera, mentre è in sella alla sua moto, lo sconforto e l’amarezza prendono il sopravvento e Angelica in lacrime non si accorge che l’auto di fronte a lei sta frenando. L’incidente è inevitabile, per fortuna senza conseguenze né per lei né per l’uomo dell’auto. E’ il primo incontro con Tancredi D’Azaro, lo chef dei chef, star della cucina internazionale, noto in tutto il mondo, richiesto in tutti gli ambienti altolocati, di cui lei ignora l’identità. Ma siccome il “diavolo fa le pentole e anche i coperchi” i due si incontrano di nuovo su un aereo in modo ancora una volta “burrascoso”, e poi ancora in un evento mondano a Londra.

L’attrazione reciproca li spingerà sempre più vicini ma l’esiti vuole essere sorprendente come sorprendente e di altri tempi è la storia di Tancredi, avvolta in un fitto mistero, che svelerà per la prima volta ad Angelica.

L’incidente con Tancredi ha il segno di quegli incontri che cambiano la vita. Ma se un nuovo incontro può cambiare la vita forse può farlo anche riportandoti sulla strada di casa. Ad ognuno la sua scelta.

La “Vigna di Angelica” è un romanzo scorrevole, asciutto nelle descrizioni e coinvolgente nei dialoghi. Accanto a Tancredi e Angelica troviamo Elisabetta e Raffaello figlia e marito di Angelica e poi i suoi bizzarri genitori, e altri personaggi che compongono il quadro molto realistico che facilmente ci porta all’immedesimazione. Angelica, considerando anche il suo passato, appare inizialmente fragile, ma poi diventa man mano una donna determinata a non farsi abbattere, legata alle proprie radici, alla sua terra, alla sua storia e alla sua famiglia. Raffaello, un uomo proveniente da una famiglia poverissima ha un grande desiderio di emergere, ma non si sente accettato fino in fondo dalla grande famiglia Brugliani, e si ritrova così alla perenne ricerca di conferme rischiando di perdere ciò che gli è più caro, la moglie e la figlia. Tancredi, ombroso, affascinante e colto, è l’uomo del mistero, ed è solo grazie al sentimento che prova per Angelica che riesce a parlare di se e raccontare la sua storia, fatta di sofferenza e sacrifici fin da quando era bambino, e dell’uomo che lo accolse in casa educandolo e aiutandolo a tracciare la strada del suo brillante futuro.

Mi è piaciuto? Sì perché no, ma decisamente il romanzo rosa non è il mio genere e quel sospetto iniziale non mi abbandona. Il romanzo è gradevole, scritto bene, si legge facilmente ma a volte avevo l’impressione di indovinare ogni mossa successiva e il finale che ha sorpreso molti, non mi ha stupita affatto, è una gran furbata da consumata scrittrice di best seller appunto.

– Carmela –

Il club delle lettere Segrete, Angeles Donate

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  • Copertina flessibile: 348 pagine
  • Editore: Feltrinelli (8 ottobre 2015)
  • Collana: I narratori
  • Prezzo medio:15 euro
  • Paese origine: Spagna
  • Peso di spedizione: 499 g

Quando ho scelto questo libro, mi trovavo in una grande Feltrinelli: uno di quei superstore, di vari piani, dove ti ci puoi perdere dentro. Mentre mi guardavo intorno, mi salta all’occhio questo volume

La sua fascetta recita: “I romanzi che ti fanno felice”, così ho pensato: perchè no? Presto detto: l’ho comprato e iniziato a leggere mentre ritornavo a casa.

Da subito vi dico che è una lettura scorrevole ed appassionante; descrive e caratterizza, di volta in volta, i suoi personaggi,  facendoli conosce ed apprezzare. Le storie si intrecciano in maniera piacevolmente inaspettata.

La storia inizialmente semplice è quella di Sara: una postina di un immaginario paesino, Porvenir.

Un giorno Sara viene contattata dai suoi superiori in ufficio per comunicarle una notizia davvero terribile: con l’avvento della tecnologia, non si scrivono più lettere. Presto l’ufficio postale verrà chiuso. La protagonista, anche abbandonata dal marito, vive un momento di sconforto totale. L’idea di lasciare la sua casa, i suoi amici e di spostarsi con i suoi figli in un’altra città è davvero terribile. Così, chiama l’amica di sempre Rosa per sfogarsi raccontandole l’accaduto. Rosa, una signora anziana, rimane profondamente colpita e decide di scrivere una lettera. Scrive ad un’amica di infanzia che non sente da anni e con cui ha molti rimpianti in sospeso.

“La vita di Sara, una donna come me e te, sta per essere sconvolta. Forse l’hai anche incontrata: è cresciuta nelle nostre strade, ha tre figli, e anche loro girano e corrono per il paese. Nonostante abbia avuto una vita difficile, offre sempre un sorriso a chi ha bisogno di lei. I suoi capi vogliono trasferirla lontano da casa sua. Dopo più di cento anni, Porvenir resterà senza postino, in città dicono che non ci piace scrivere e ricevere lettere. Come si permettono! Non ti racconterei tutto questo se non fosse in tuo potere aiutare Sara e il nostro paese. Come? Semplice, come ho fatto io: scrivi una lettera. Non importa se lunga o corta, né che sia scritta bene o male. Mandala a un’altra donna in paese. Anche se non la conosci, condividi con lei pochi minuti della tua vita. Formiamo una catena di parole talmente lunga da arrivare fino in città, e talmente forte che nessuno potrà spezzare. “

Oltre a questo Rosa, nella sua lettera, racconta la sua storia personale, l’amarezza che portò, tanti anni prima,  il rapporto di amicizia che aveva, a spezzarsi. La lettera di Rosa non arriverà alla destinataria in quanto già deceduta, ma la nipote della donna legge quanto scritto e ne rimane fortemente colpita. Decide di non voler essere la causa del licenziamento di Sara, così, scrive, a sua volta, ad un’altra persona utilizzando sempre la medesima introduzione. Il lettore rimane, così, coinvolto in una catena di lettere che persone apparentemente sconosciute si scrivono, rivelando cose del loro passato, storie di sofferenze o desideri inespressi. Conosciamo, insomma, la parte più intima di diversi personaggi del paese. Mentre il libro procede nella narrazione, ci accorgiamo che queste persone sono in realtà sempre più interconnesse. Chi scoprirà la catena di lettere? Riusciranno gli abitanti a mantenere il segreto? Ma soprattutto: Sara riuscirà a rimanere a Porvenir? Sono tutte domande che avranno risposta leggendo questo romanzo… che dopotutto vi renderà felici!!

– Michele –

NON BUTTIAMOCI GIU’

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  • Attori:  Pierce Brosnan, Toni Collette, Imogen Poots, Aaron Paul, Joe Cole
  • Regista:  Pascal Chaumeil
  • Audio: Italiano (Dolby Digital 5.1), Inglese (Dolby Digital 5.1)
  • Lingua: Italiano, Inglese
  • Formato immagine: 16:9
  • Numero di dischi: 1
  • Studio: Notorious Pictures
  • Data versione DVD: 10 set. 2014
  • Durata: 97 minuti

Ho visto, per la prima volta, questo film nel 2014, poi pochissimi giorni fa, mi è capitato di rivederlo. Tratto dall’omonimo romanzo di Nick Hornby, “Non buttiamoci giù”, è un perfetto esempio di commedia con umor noir. Quattro protagonisti bravissimi, per una storia drammatica e divertente allo stesso tempo.

La notte di San Silvestro, quattro sconosciuti si trovano su tetto di un edifico per suicidarsi. Ciascuno di loro non prevedeva certo di trovare altri aspiranti suicidi.

Il primo è Martin (Interpretato da Pierce Brosnan), una volta affermato conduttore televisivo, finisce in uno scandalo sessuale con una minore. Si gioca quindi, lavoro, amici e famiglia…. nonché la voglia di vivere.

Maureen (Toni Collette, che vedete anche qui  nel blog) una donna di mezza età che ha un figlio disabile. La madre, in un momento difficile della sua vita pensa di non avere più nulla per cui vivere.

Jess: è una giovane ragazza figlia di un politico famoso ( Imogen Poots), con un carattere difficile. E’ appena stata lasciata dal suo ragazzo Chas.

Infine abbiamo JJ (Aaron Paul), musicista rock che, dapprima, dice di avere un cancro e poi successivamente scopriamo che è stato mollato dalla sua band e dalla sua fidanzata.

L’incontro fortuito sul tetto, fa discute i quattro che decidono quindi di non gettarsi. Parlando tra di loro stringono un patto e decidono di non uccidersi almeno sino a San Valentino. Partono tutti insieme per un viaggio, per festeggiare la loro scelta.

La convivenza forzata, il viaggio in un paese dove non sono conosciuti liberano le gioie e i dolori di ciascuna persona. Diventeranno, quindi, l’uno il terapeuta dell’altro, divenendo come un piccolo nucleo familiare. Questo film è ricco di dialoghi ben scritti, a volte molto ironici, a volte in tono decisamente drammatico. I quattro bravissimi attori, fanno il resto e completano un bellissimo film.

Dopo il viaggio, ritroviamo i protagonisti a distanza di tempo, per vedere come sono evolute le loro vite e che legame esiste ancora tra di loro. Devo dire che anche il libro mi è piaciuto, anche se il film non lo ricalca perfettamente. Il mio consiglio è di leggere sia il libro che di vedere il film. Ne vale sicuramente la pena!

– Michele –