Paul Auster non ha bisogno di presentazioni né di commenti. Credo sia uno dei maggiori scrittori americani viventi che ha al suo attivo romanzi sorprendenti ed enigmatici.
Ho scelto di raccontarvi il romanzo della grande crisi economica dell’America dei nostri giorni, una crisi che ha segnato la fine del grande sogno e che ha travolto tutta la civiltà occidentale.
Parlo di Sunset Park, un romanzo denso di storie, filtrate dalla storia del protagonista Miles, pieno di libri (il padre di Miles ha una casa editrice), di scrittori, di cinema, di fotografia, di attori, di università. Ma Sunset Park è anche il romanzo dell’infelicità, delle famiglie allargate, dell’espiazione e della ricerca di sé, è la storia di un fallimento e di un destino sullo sfondo di altri fallimenti collettivi: la grave crisi economica pregiudica le sorti di una generazione, travolge aziende, trasforma il lavoro, sconvolge le identità, gli equilibri e rapporti familiari.
Miles Heller vive sgomberando case abbandonate da chi non poteva più permettersi di pagare il mutuo e a differenza di suoi colleghi senza scrupoli che cercano di portare tutto quanto possono, Miles compie il suo lavoro accompagnato da una macchina fotografica con la quale ferma le immagini di oggetti abbandonati. Libri, scarpe, servizi da tè, televisori e giochi da tavolo, abiti da sera e racchette da tennis, divani, biancheria di seta…resti di vita, qualcosa di interrotto che non si è riusciti a portare a compimento e che ha il sapore della sconfitta. E’ come se volesse captare i riflessi delle vite precedenti e sentire attraverso gli oggetti gli echi di quelle vite spezzate.
“Da quasi un anno fotografa le cose abbandonate. Ogni giorno ci sono almeno due lavori, a volte anche sei o sette, e ogni volta che lui e i suoi colleghi entrano in una casa si trovano di fronte le cose, le innumerevoli cose smesse e lasciate indietro dalle famiglie che sono andate via. Tutti gli assenti sono fuggiti in fretta, nella vergogna, nella confusione, e non c’è dubbio che, ovunque vivano ora (se hanno trovato un posto dove vivere e non sono accampati per strada) le loro nuove abitazioni sono più piccole di quelle che hanno lasciato. Ogni casa è una storia di fallimento – di bancarotta e di morosità, di debiti e di pignoramenti – e lui si è assunto il compito di documentare le ultime tracce residue di quelle vite sperse per dimostrare che un tempo le famiglie svanite sono state lì, che i fantasmi di persone che lui non vedrà e non conoscerà mai sono ancora presenti nel disordine delle cose seminate nelle case vuote.”
Il lavoro non è un granché ma lui sembra farlo con scrupolo ed attenzione, è pur sempre un lavoro che gli permette di sopravvivere e di avere l’essenziale, tra i cui i libri (“L’unico lusso che si concede è comprare libri, (…) ma alla fine i libri non sono tanto un lusso quanto una necessità, e leggere è una malattia da cui non vuole essere curato.”), e di inanellare senza troppi pensieri un giorno dopo l’altro, cancellando la sua vita precedente da cui è fuggito da sette anni, lasciando improvvisamente famiglia, amici, università .
Un incidente tra fratelli finito tragicamente porta Miles all’esilio volontario, all’auto esclusione, una sorta di Caino in fuga, che vive giorno dopo giorno quasi dimentico di sé, finché non si imbatte nella cubana sedicenne Pilar, orfana, che vive con le sorelle maggiori. Miles se ne innamora, sollecita le sue aspirazioni intellettuali, coltiva le sue curiosità e la spinge a considerare l’università. Ma la ragazza è minorenne, così quando decide di trasferirsi da lui, Miles si trova a fare i conti con le sue sorelle per avere il consenso, fino ad arrivare allo scontro diretto con Angela Sanchez, la sorella maggiore, che inizia a ricattarlo.
A quel punto Miles, in attesa di tempi migliori, decide di tornare a New York riannodando il legame con il suo passato attraverso il suo amico Bing, con il quale negli anni ha sempre mantenuto i contatti.
Bing gli prospetta di andare a vivere insieme a lui e ad altri ragazzi a Brooklyn, occupando una casa abbandonata e fatiscente, ai margini di una zona chiamata Sunset Park, vicino al Green Wood Cemetery. La crisi morde anche la Grande Mela, così giovani ragazzi senza meta e senza futuro, decidono di prendersi ciò che è un loro diritto, la casa, consapevoli di essere degli abusivi e nonostante ciò decisi a resistere a oltranza senza pagare l’affitto.
I quattro inquilini della casa, nonché protagonisti della storia, sono, ognuno a loro modo, campioni di storie di sconfitte, di disperazione, di solitudine da cui cercano in qualche modo di riscattarsi.
Bing Nathan, grasso e goffo, con un mestiere assurdo per New York, aggiusta macchine da scrivere, piccoli elettrodomestici, vecchie cornici in una sgangherata bottega a Manhattan che si chiama “L’ospedale delle cose rotte”, un nome che suona come metafora della casa che diventa luogo e occasione per ognuno dove cercare riparo e riparare.
E’ proprio grazie a Bing che si costituisce la piccola comunità di Sunset Park. A lui si uniscono Ellen Brice, pittrice, e Alice Bergstrom, dottoranda in inglese, due ragazze con difficili storie alle spalle, in difficoltà economica oltre che esistenziale. Ultimo ospite, in fuga dalla Florida, Miles Heller.
(Autore)
Tornare a New York per Miles significa fare i conti con il suo passato, con i motivi che lo hanno spinto ad andare via dopo la tragedia che ha colpito suo fratello Bobby. Figlio del noto editore Morris Heller e della attrice hollywoodiana Mary-Lee Swann, che lo ha abbandonato da piccolo, Miles deve affrontare se stesso e i motivi del suo esilio ma anche la relazione con la sua complessa famiglia, squassata da una profonda crisi.
Un romanzo complesso, sfaccettato, che si muove nel tempo e nello spazio, sintonizzato sugli spostamenti dei personaggi, da est a ovest, da nord a sud, dall’America all’Inghilterra, dall’oggi al passato recente e remoto, mentre i punti di vista cambiano continuamente.
Il romanzo si apre su Miles, sul suo strano lavoro, sul suo incontro con Pilar fino alle difficoltà con le sue sorelle e alla fuga di ritorno a New York. Poi si passa a Big, alle sue strane idee e al suo inedito lavoro, poi il focus si sposta sulle altre due abitanti della casa, per arrivare a Morris Heller, padre di Miles, a sua moglie e alla sua ex moglie, l’attrice hollywoodiana. Un filo sottile tiene insieme i personaggi e le loro vite sospese e irrisolte, il loro incontrarsi, scontrarsi, ritrarsi e cercare nuove strade e nuove possibilità di vita. Fino ad un ulteriore dramma finale.
Come in ogni romanzo di Paul Auster, l’onnipresente comprimario è New York, le sue strade affollate, i suoi interni, i negozi, i bar, i parchi. Non solo. Tanto di Paul Auster è nei suoi personaggi, i loro gusti e le loro passioni sono un eco di autori, libri, canzoni e film preferiti dal loro autore: in tutto il libro ricorre come un mantra “I migliori anni della nostra vita” di William Wyler, la madre di Miles recita in teatro in un dramma di Becket, Pilar e Miles si sono incontrati mentre leggevano entrambi “Il grande Gatsby” di Scott Fitzgerald, Ellen Brice si ispira per i suoi disegni erotici all’ “Origine del mondo” di Courbet.
Sunset Park è un romanzo intenso, scritto in uno stile asciutto e diretto, che entra in profondità nei rapporti umani, quasi emblema delle storie di tutti, e li analizza: coppie in crisi che rimandano il più possibile la resa dei conti, il bisogno di sicurezza e stabilità spesso difficile da trovare, soprattutto se il passato è troppo pesante da sopportare, la necessità di reinventare se stessi perché il senso di smarrimento non ti fa più vivere, il doversi prendere le proprie responsabilità anche quando si avrebbe solo voglia di fuggire.
Carmela