La Giudice

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Serie coreana di grande successo “La Giudice” è un legal drama come ce ne sono molti nell’attuale tv, che sa però distinguersi per la trama e le sue storie. Questa miniserie regge sulla sua protagonista Sim Eun Seok, che viene trasferita come giudice, al tribunale di stato minorile. Il giudice Sim appare glaciale e imperturbabile, la legge va applicata e tutto deve essere giudicato mettendola in pratica efficacemente. In apparenza spietata e senza cuore, si impegna anima e corpo nei suoi casi.

I crimini commessi dai minori, sono particolarmente crudi ed efferati. Sotto accusa c’è la legge Coreana sui minori, in cui è scritto che sotto i 14 anni non si può essere puntiti. La giudice rappresenta la legge ed il suo volto quasi completamente inespressivo ne è un’estensione. Caso dopo caso però, vediamo anche un volto più umano di Sim, che non è volto esclusivamente alla punizione ma a capire le cause e circostanze dei delitti per porvi un rimedio usando la legge.

Accade quindi che lo spettatore inizi ad entrare in empatia con questa giudice e il suo modo di lavorare. La serie riporta quelle che sono le criticità della cultura coreana, dove spesso i valori familiari sono trascurati e si ribaltano nei comportamenti di ragazzi sempre più violenti e incapaci di controllarsi. La povertà e il grande divario tra ricchi e nullatenenti è sempre più accentuata. Una critica al modo di vivere delle ultime generazioni e il tentativo di usare la legge e il rispetto per essa, come arma di difesa.

Particolare attenzione viene anche dato al rapporto che viene tenuto dai capi verso i propri sottoposti. Il tribunale è una gerarchia e il capo non può mai essere contraddetto, nemmeno quando è in torto. In questo ambiente difficile, emerge anche la storia personale di Sim. Una storia dura e drammatica che l’ha resa quella che è, una giudice che ” disprezza i minori” che infrangono la legge. Questo mix di fiction e spaccato di società reale, ha reso questa serie particolarmente apprezzata decretando anche il suo successo internazionale. L’attrice protagonista, molto famosa in patria, ha questo volto così freddo da non far nemmeno trasparire i suoi 51 anni di età.

Torta Pasqualina

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La torta pasqualina è una delle torte salate tipica della tradizione ligure e, come il nome lascia immaginare, un tempo si cucinava esclusivamente per Pasqua (essendo buona calda… ma ancora più buona fredda è l’ideale per la scampagnata di Pasquetta… o per i mesi estivi).

La ricetta classica prevede le bietole, ma vi sono varianti con carciofi, spinaci, radicchio e tante altre verdure di stagione.

Ingredienti:

  • 500 gr di Bietole o spinaci
  • 250 gr di ricotta
  • 80 gr di parmigiano reggiano grattugiato
  • 6 uova
  • pasta sfoglia già pronta rotonda
  • noce moscata qb
  • sale e pepe qb
  • olio EVO

Procedimento

Lavate accuratamente e sbollentate le bietole (o gli spinaci) in una pentola con il coperchio per 10 minuti in acqua leggermente salata. Poi scolatele, lasciatele intiepidire e strizzatele. Quindi tritatele e fatele saltare in una padella con un po’ di olio di oliva. In una ciotola amalgamate la ricotta con 2 uova, il parmigiano, la noce moscata e aggiustate di sale e di pepe.

Una volta che gli ingredienti saranno amalgamati incorporate le bietole tritate al composto. Prendete uno stampo circolare di circa 24 cm di diametro, ungetelo o foderatelo con la carta forno e posizionate il primo rotolo di pasta sfoglia. Versate il ripieno sopra di esso e livellatelo. Fate 4 piccoli incavi nel ripieno e inserite in ciascuno di esso 1 uovo intero, in modo che diventi sodo durante la cottura.

Mettete il secondo rotolo di pasta sfoglia sul ripieno chiudendolo delicatamente. Ungete la superficie con acqua e olio e forate la parte superiore con i rebbi di una forchetta. A questo punto non resta che scatenare la vostra fantasia decorando la torta con la pasta sfoglia eventualmente avanzata (dopo che avrete sigillato la torta).

Infornate a 180° per circa 50 minuti, mettendo un foglio di carta d’alluminio se la superficie dovesse scurirsi troppo durante la cottura.

Variante: se volete una torta più leggera potete non inserire le 4 uova all’interno dell’impasto e, eventualmente, lasciare la torta salata “a vista”, evitando il rotolo di pasta sfoglia a copertura.

Ottima con un contorno di verdure per un piatto unico estivo sano e leggero o per una pausa pranzo veloce (in questo caso basta preparare la torta la sera prima, si manterrà in frigo un paio di giorni) 😊

Sabrina

Impressioni di Laos

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Un villaggio sulle  rive del Nam OU, nel nord del Laos. Un gruppo di adulti in festa e un po’ “allegri”ma simpatici ed accoglienti, con musica a tutto volume. E Marina e Valentina, le mie compagne di viaggio, che dopo aver rotto il ghiaccio con qualche danza, circondate dal consueto gruppetto di bambini timidi ma da subito incuriositi, li raggruppano in cerchio ed iniziano a cantare e a ballare con loro “giro giro tondo”, con l’immancabile scoppio di giubilo al momento del “tutti giù per terra”.

E’ questa una delle immagini più vivide che serbo del mio viaggio in Laos, un po’ perché i villaggi delle zone rurali, abitati dalle etnie più povere, anche quelli  più aperti ai turisti,  riservano sempre momenti di riflessione e commozione, che tornano nel tempo. E perché, come sempre con i bambini, non ci sono filtri e barriere ma, soprattutto per le “ragazze”, è tutto più facile.

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Il Laos è un paese un po’ più piccolo dell’Italia con appena 6 milioni di abitanti, in buona misura montuoso, ricchissimo di acqua nonostante non abbia sbocchi sul mare, circondato com’è dalle tigri, non sempre rampanti, del sud est asiatico. Ma rampante il Laos non è. Negli ultimi anni ne avevo sentito spesso parlare come di un paese un po’ speciale, che ancora riusciva a preservare una sua precisa identità; un paese in qualche modo antico, un’isola capace di mantenere una sua filosofia di vita e un’atmosfera d’altri tempi, appena sfiorata dall’ansia di progresso e di crescita continua che ormai affanna quasi ovunque il nuovo e il vecchio mondo.

Incuriosito e sollecitato da amici che mi avevano preceduto sono finalmente riuscito ad andarci lo scorso novembre, al termine della stagione delle piogge. E non sono rimasto deluso.

Certo, non è la classica meta da turista; non offre città d’arte con storie millenarie, o monumenti civili e religiosi antichi ed opere d’arte tali di per sé da giustificare il viaggio.  Non ha nemmeno una tradizione culinaria ricca e appetitosa come quella delle vicine  Thailandia, Cina o Vietnam. A meno che non andiate pazzi per pollo e noodles in tutti i possibili abbinamenti a pranzo, cena e magari anche a colazione,  accompagnati dall’immancabile riso, spesso quello sticky rice appicicaticcio che proprio un complimento al palato non è. 

Eppure è un paese che offre, al viaggiatore disposto a lasciarsi coinvolgere, una ricchezza di immagini e  sensazioni  che nel tempo io mi trovo ancora a rivivere.

A partire dall’incanto del suo paesaggio lussureggiante fatto di montagne ed altipiani ricoperti di foreste fittissime, ammantate, nelle prime ore del giorno, dalla nebbia provocata dall’umidità delle notte; quando la nebbia si dissolve  a poco a poco con l’avanzare delle ore,  lascia il posto alla meraviglia di un verde dalle mille sfumature che cambiano ad ogni curva (e ce ne sono tante!), ora più intense e brillanti,  ora più delicate e soffuse. Ed è uno spettacolo continuo fino all’ora del tramonto. Riesco ancora a scorrere con gli occhi il susseguirsi di scorci incantevoli che mi sono goduto nei lunghi spostamenti nel nord del paese,  da  Huay Xay a Muang Sing, fino all’arrivo a Luang Prabang.

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L’antica capitale del Laos sorge in una posizione meravigliosa alla confluenza del Mekong con il Nam Khan: e’ la meta turistica per eccellenza del paese, quella più ricca di storia e forse rimane ancora l’unica che nel corso di questi ultimi anni si è volta integralmente ai turisti e alle loro…necessità. Tuttavia, pur nell’immancabile perdita di genuinità, nell’alto numero di viaggiatori che passano uno o più giorni nei tanti piccoli alberghi e ristoranti del centro, sono comunque riuscito a ritrovarvi lo stesso senso di placida rilassatezza che è un po’ l’essenza del  fascino laotiano.

E’ stato bello passeggiare nei piccoli vicoli della città vecchia, visitare il palazzo reale e i tanti Wat (templi buddhisti) disseminati nel centro e si, lo ammetto, anche coccolarsi un po’ con cappuccino e brioches in una delle tante caffetterie occidentali dopo i giorni intensi e un po’ spartani trascorsi a nord, per chiudere infine la giornata salendo – a dire il vero un po’ faticosamente –  il Mount Phousi, la collina sacra da cui godere la luce calda ed intensa del tramonto sul Mekong e sulle colline circostanti.

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Credo non esisterebbe il Laos senza il Mekong. Per ovvi motivi geografici. Ma soprattutto perchè questo grande fiume che segna in modo irregolare il paese da nord a sud, è un po’ l’essenza del Laos, un lento fluire tranquillo, con il suo incedere maestoso, ma placido e sonnolento, che solo nell’estremo sud sembra improvvisamente risvegliarsi dando vita all’arcipelago delle 4000 isole e ad un complesso di rapide che preludono al suo ingresso in Cambogia.

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Che belle le ore trascorse a navigare! Lungo il Mekong, nelle 4000 isole, alla ricerca dei delfini che non si sono fatti vedere, dopo una lunga e divertente biciclettata di gruppo tra un punto di approdo e l’altro, o per andare a visitare la grotta di Pak Ou, non lontano da Luang Prabang, con le sue migliaia di statue di Buddha; ma soprattutto lungo lo spettacolare Nam OU, sulle lunghe lance a motore che consentono di raggiungere, a volte unico mezzo di trasporto, i villaggi che sorgono sulle sue rive e da qui, per i più intraprendenti, con trekking più o meno impegnativi,  i villaggi isolati nelle zone montuose interne, tutti abitati dalle tante etnie che popolano il Laos.

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Mi rimane il rammarico di non aver passato pìù giorni sui fiumi e di non essermi spinto, assieme ai miei compagni di viaggio, nelle aree più remote e meno battute dagli itinerari di viaggio, alla ricerca di un contatto forse difficile – ma i laotiani sono miti e gentili – , ma più vero.

O di non aver dedicato più tempo al bellissimo altopiano di Bolaven, ricco di piantagioni di te e caffè, con le cascate di Tad Fane, due corsi d’acqua in caduta libera per 100 metri che sbucano dal fitto della vegetazione e che noi abbiamo visto comparire e scomparire nella nebbia delle uniche ore di pioggia del nostro viaggio.

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E’ facile prevedere che se tornassi in Laos fra dieci o vent’anni lo troverei profondamente cambiato. In peggio?

A giudicare la storia di questo paese, diviso nei secoli passati in regni diversi, oggetto di conquiste ed invasioni da parte di popoli vicini come pure dell’occidente evoluto, sembra che l’indole pacifica e un’attitudine di vita incentrata su un sereno distacco e lo sguardo verso un futuro che non ci si aspetta molto diverso dal presente sia rimasta una costante. Nonostante tutto.

Ma è un paese che si sta aprendo allo sviluppo e alla crescita, anche se faticosamente, quasi recalcitrante, a giudicare dagli investimenti in corso nelle poche grandi infrastrutture che abbiamo visto, come le molte dighe in costruzione, tutte opera di paesi stranieri, Cina in testa, spesso con manodopera straniera. E il turismo sta diventando una risorsa importante e come tale, sta lentamente portando al cambiamento.

E allora la domanda che continuavo a pormi nei giorni del viaggio e che ancora mi pongo e’ sempre la stessa antica domanda: durerà? E per quanto ancora?

Spero che queste parole vi abbiano fatto venire voglia di conoscere un po’ di più questo paese e, magari, di andarci. Se così è, lasciate a casa l’affanno e l’urgenza delle cose che segnano, nel bene e nel male, la nostra vita quotidiana e fatevi conquistare, almeno per qualche giorno, da un nuovo stato d’animo. E fatelo con la delicatezza e la mitezza della gente del Laos, e se possibile, come ho fatto io, in buona compagnia.

– Ivan –

Rita, vento fresco dalla Danimarca

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Le nuove piattaforme per fruire le serie tv, ogni tanto ci portano cose nuove ed originali. Rita è proprio il caso di una serie originale, che altrimenti molto difficilmente sarebbe stata distribuita qui in Italia. La sua storia principale è molto semplice; Rita è un’insegnante divorziata, con tre figli. Ricco, il secondo figlio, si sta per sposare e lascia la casa della famiglia, Molly è appena stata scaricata ed è in cerca di se stessa e del suo futuro. Infine Yeppe, il più piccolo che appena a 15 anni si dichiara gay.

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L’unica vera protagonista di questa serie è la stessa Rita, non la sua famiglia, non la scuola o i suoi studenti. Ogni giorno Rita arriva a scuola si siede nel bagno e legge le scritte che gli studenti lasciano. Proprio attraverso i loro pensieri e le cose che vengono trattate in classe, trova spunti per la sua vita incasinata. Rita ha una relazione con il preside della scuola, ma solo per sesso. Dice sempre quello che pensa, tratta i bambini come se fossero adulti e i genitori come fossero ragazzi. Anticonformista e apparentemente sempre sicura di se.

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Rita è sempre presente per i suoi studenti, dando loro domande e spunti su cui ragionare che spesso si riflettono nella sua complicata vita. Il figlio Ricco si fidanza con una ragazza il cui padre è proprio un ex di Rita. Riesce persino ad avere una relazione con il padre di una alunna… non volontariamente, lo rimorchia in un bar senza nemmeno riconoscerlo. Per questa ragione viene anche sospesa. Rita è però sempre presente per i suoi figli in caso di bisogno e pronta a sostenerli e difenderli.

yeppe

Spesso criticata da colleghi e genitori, riesce a conquistare i suoi studenti. Questa serie è molto diversa da quello che siamo abituati a vedere. Ve la consiglio, il ritmo è veloce, divertente e sarcastico. Il lato negativo è sicuramente lo scadente doppiaggio che hanno fatto. Le voci dei ragazzi sono orrende, si sente che sono fatte da adulti. Se superate questo scoglio vedrete che anche voi presto vi appassionerete a Rita e alla sua vita.

Iniziato nel 2012 in Danimarca è arrivato alla quinta stagione, tutte disponibili in Italia nel 2016 sulla piattaforma Netflix, che contribuisce alla produzione. La serie attualmente è conclusa

– Michele –

Castell’Arquato, un borgo medievale

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Qualche settimana fa, la mia collega Marilena, mi ha chiamato per invitarmi con lei ed alcuni amici a passare una giornata a Castell’Arquato. Un borgo Medievale con castello proprio sul confine del Piacentino. Io non c’ero mai stato e l’occasione mi è sembrata perfetta!

Decidiamo così di sfruttare questo fine settimana di sole, nonostante il freddo intenso, siamo arrivati ai piedi del borgo. Costruito secondo le classiche strutture dei borghi medievali, rispetto al passato si conserva praticamente così com’era. Una volta l’anno potrete vedere anche una ricostruzione fedele con attori in costume, che vi faranno rivivere le antiche tradizioni. Saliamo quindi la lunga scalinata per arrivare alla rocca. Tranquilli non è troppo faticoso, ma se non ve la sentite, c’è sempre la possibilità di passare per la strada normale, meno ripida e più comoda.

Davanti a noi si erge il Palazzo del Podestà, costruito nel 1292, dapprima sede del governo e successivamente della pretura. Sulla torre il grande orologio in ferro che domina la piazza. L’unica nota stonata è che l’orologio è rotto, infatti l’orario che segna è totalmente sballato.

Sul lato si ammira la Colleggiata, la chiesa romanica, con una facciata magnifica in pietra arenaria. Un soffitto altissimo in legno e una ampia navata una piccola cappella interamente affrescata. Separatamente sempre in pietra si può ammirare il battesimale. Il giro della chiesa è presto fatto e si può continuare la passeggiata nel borgo. Ci sono già i negozi addobbati per il natale, inoltre una mostra molto interessante di presepi provenienti da tutto il mondo.

Si può ammirare anche il panorama della valle e dei campi dalla Rocca principale. Non ci sono tante persone questa domenica, e noi ci godiamo la libertà di girare insieme e fare un po’ di chiacchere. Mentre si scende il freddo ci porta ad una bellissima pasticceria, proprio alla base della salita per andare alla rocca. E’ qui che concludiamo la nostra gita, tutti insieme intorno ad una buonissima cioccolata calda con panna per riscaldarci!

Un buon dicembre a tutti voi.

– Michele –