Castello Divino

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Conoscere è una delle principali passioni che mi accompagnano da sempre. Conoscere i luoghi in particolare.

Con l’esperienza e le esperienze però ho indirizzato questa mia cifra distintiva verso una forte attrazione per la terra: i suoi colori, la sua consistenza, i suoi profumi, i frutti che riesce a generare e i luoghi in essa contenuti. Alla fine è la terra la madre di tutto, caratterizza così anche gli esseri umani che la abitano e i loro gesti.

È per questo motivo e anche per una stupenda bottiglia di vino scoperta e gustata per la prima volta assieme a due splendide amiche che ho deciso di andare a conoscere la terra e le persone che avevano dato vita a quel vino speciale: profumato, colorato e raffinato che mi aveva lasciato un ricordo indelebile.

Siam partiti cosi alla volta del territorio di Piacenza. Mentre mi avvicinavo, in una giornata di ottobre, pensavo che anche il territorio di Piacenza come quello di tutte le province emiliane è estremamente variegato, con montagna, collina e pianura e offre microclimi ideali per la vinificazione. Nella zona sud si sviluppano quattro valli principali parallele tra loro: Val Tidone, Val Trebbia, Val Nure e Val d’Arda che confluiscono nel fiume Po e permettono la coltivazione di sedici diversi vini DOC ma la mia destinazione era la Val Luretta molto più selvaggia e ai più sconosciuta situata tra la Val Trebbia e la Val Tidone e tracciata dal torrente Luretta.

La Val Luretta come del resto le altre 4 Valli principali del territorio vivono di storie millenarie e a conferma troviamo castelli medievali in ogni dove e antichi borghi perfettamente conservati come il Borgo di Rivalta e di Grazzano Visconti ma anche abbazie e la via degli Abati. Castelli a volte inglobati dal tempo nei classici paesi dalle linee architettoniche emiliane e a volte isolati tra i vigneti e i campi cinti da siepi e piccoli boschi e proprio in uno di quest’ultimi eravamo diretti.

Il viaggio ci ha portati a salire lentamente verso le colline lasciandoci alle spalle in lontananza Piacenza fino a scorgere solo filari, prati e boschi finché all’improvviso, dopo un lungo viale di ghiaia bianca, siamo arrivati nella corte del castello medioevale di MOMELLIANO che custodisce nelle sue cantine i tesori della Cantina Luretta. La temperatura costante delle cantine del castello è ideale per l’affinamento dei vini più pregiati, che riposano fino a otto anni nei sotterranei di questa antica fortezza che si annida tra i vigneti. Il profumo di rovere delle barriques avvolge chiunque entri in questo luogo senza tempo e tra le migliaia di bottiglie affinate con il metodo classico o champenois s’intonavano opere della mostra Sculturee Presenze dello scultore Giuseppe Tirelli. Mentre c’incamminiamo per i sotterranei le sensazioni che ci riecheggiavano erano tante: nella penombra s’innalzano imponenti le pareti di vino costituite da bottiglie in moderne “pupitres” che consentono l’operazione del “remuage” in modo che tutti i depositi che si formano nel vino vadano verso il tappo, rivolto verso il basso, per poi ghiacciare il collo della bottiglia che sarà aperta per togliere i sedimenti e rimboccare il vino in modo che completi la fermentazione e si trasformi in qualcosa di sublime.

Opere d’arte tra opere d’arte perché tutto intorno è maestria, esperienza nella sperimentazione, tradizione nell’innovazione e il tempo e la passione ne sono il filo conduttore.

Mentre ammiriamo la cantina e i suoi tesori l’enologo ci illustrava i vari vini e i diversi invecchiamenti citando gli uvaggi e la storia della famiglia Salamini che dal 1988 ha innestato più di 50 HA di vigneti con uvaggi autoctoni come gutturnio, barbera, bonarda e malvasia aromatica di Candia e vitigni francesi Chardonnay. La curiosità di degustare il vino sinceramente si fa cogente e per fortuna c’incamminiamo verso la moderna e luminosa sala degustazione. Ah ecco ci siamo, finalmente potrò degustare anche gli altri vini della cantina, pensavo, e nel contempo venivo attratta dalla collezione delle bottiglie storiche tra altre opere d’arte e dalle finestre sulle vigne autunnali che mostravano colori ambrati gialli, rossi e verdi; stupendi.

La degustazione prevede uno spumante, due bianchi e due rossi a scelta tra alcune proposte della cantina; fortunatamente noi siamo in due e possiamo cosi dividerci i vari assaggi scegliendo vini diversi quindi raddoppiamo la sperimentazione ma devo dirvi che erano talmente deliziosi da non riuscire a soddisfare la mia curiosità con la metà lasciatami dal mio fidanzato…qualche grissino piemontese e un piatto di coppa piacentina ha allentato la tentazione di bermi anche la degustazione del mio compagno di vini e per sua fortuna!

Sinceramente è stata una splendida giornata, bello il paesaggio, piacevole il viaggio (al ritorno abbiamo visitato anche il Castello e il Borgo di Rivalta con una visita guidata), splendida la cantina del castello e la degustazione e non potevamo tornare senza portare con noi qualche bottiglia e abbiamo scelto vini da momenti diVini come il Boccadirosa dal bouquet inconfondibile e Le Rane e Il Capitano due rossi importanti per i piatti autunnali e invernali. Avremmo comprato di tutto, dico la verità ma torneremo perché ci è piaciuta la Val Luretta, perché ci sono vini che abbiamo degustato ma che non erano disponibili per l’acquisto e anche perché ci saranno altre mostre interessanti in cantina che non vorremo perdere e non ultimo perché rientrando vogliamo visitare il borgo medioevale di Grazzano Visconti. Che aspettate? Non perdetevi queste sensazioni d’autunno in cantina! Buon vino!

Anna

Francesco Pavesi, una carriera in lirica

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La storia di cui vi parlo oggi è la testimonianza di una ragazzo che ha scelto una carriera diversa dal solito. Una carriera di cantante lirico, cosa molto particolare in effetti, soprattutto considerando che Francesco aveva intrapreso inizialmente lo studio di materie scientifiche. Spero possiate quindi apprezzare una testimonianza reale di una scelta non usuale.

Francesco Pavesi appears courtesy of Patrizia Caravaggio

D: Buongiorno Francesco, ci racconti qualcosa del tuo percorso di formazione da quando eri ragazzino, e se sentivi andarti stretto questo percorso?

R: Il mio percorso di studi è stato piuttosto lineare e direi che non c’è stato necessariamente qualcosa che mi andasse stretto. La passione per la musica lirica si è manifestata fin da quando ero ragazzino, passavo ore a mettere gli LP dei miei genitori sul giradischi cercando di imitare i cantanti che si avvicendavano in quelle incisioni. Ho sempre avuto un animo curioso per tutto ciò che mi circondava, che fosse scienza, filosofia o musica per l’appunto. Un giorno, il Maestro di canto corale del Conservatorio, mi disse che c’era qualcosa nella mia voce che poteva avere un potenziale, ne seguì il primo concerto con una piccola parte solistica a Taranto e poi un lungo percorso che mi ha portato a fare l’audizione per l’Accademia Verdiana e il Maestro Carlo Bergonzi.

D: Quando hai capito che volevi provare la lirica, e a che punto questa passione è diventata qualcosa di più?

R: Può sembrare incredibile ma l’ho capito durante una serata al Teatro Magnani di Fidenza, avevo all’incirca 12  anni e rimasi stregato dal personaggio di Dulcamara ( quella sera interpretato da Romano Franceschetto), nell’Elisir d’amore, che in quella produzione faceva la sua sortita dalla platea. Fui letteralmente ipnotizzato e memorizzai  tutta l’opera in pochi giorni, cantandola di continuo. Per rispondere alla seconda parte della tua domanda forse la chiave di volta fu il debutto a Carnegie Hall nel 2011, che fu anche il debutto a New York. Sentivo il profondo dovere di fare il massimo,  per tutti quelli che fino ad allora avevano creduto in me, ma soprattutto per me stesso. Non voglio essere frainteso, non è individualismo, ma la consapevolezza di quanta fatica si fa per arrivare anche solo una volta nella vita a un appuntamento di quel tipo. Durante gli applausi mi commossi, mi ricordai  di tante persone incontrate, di tante esperienze, piacevoli o meno, ma comunque necessarie.

D: Ora che sei un professionista di questo settore, come è cambiata la tua vita?

R: Credo che la cosa che caratterizza maggiormente il mio lavoro sia necessariamente lo spostarsi spesso e cercare di mantenere di volta in volta il massimo livello di preparazione possibile, poi, chi ti ascolta dirà se la  cosa ti è riuscita o meno e se vorrà tornare ad ascoltarti la volta successiva.

Francesco Pavesi, Dina Pruzhansky
Carnegie Hall NY

D: Dato questo difficile periodo di pandemia, che valutazione dai all’arte secondo il tuo punto di vista?

R: Anche se per studi pregressi non sono totalmente digiuno della materia, non ho mai voluto dare valutazioni particolari sulla pandemia e il periodo terribile che il mondo intero sta vivendo, ho sempre rispettato convintamente le regole e lasciato la parola ai tecnici. Credo d’altra parte, che un teatro d’opera, che rispetti i dovuti protocolli, sia uno dei luoghi più sicuri in assoluto, o, quantomeno, più sicuro di altre situazioni che chiunque di noi ha potuto osservare in  una qualunque città italiana. Vorrei aggiungere, per coloro che comprendono solo il linguaggio del profitto, che la cultura italiana tutta,  rappresenta uno degli appeal principali del nostro paese all’estero e questo merita particolare riguardo. I teatri, il patrimonio artistico, i lavoratori dello spettacolo non sono un “divertissement”, sono “prodotto interno lordo”, indotto,  riconoscibilità del nostro paese nel mondo.

D: Se qualcuno come te, sentisse questa passione per la lirica, vorresti dare qualche consigli utile?

R: Non so se sono all’altezza di dare consigli a qualcuno ma certamente direi: lasciate qualcosa a chi vi ascolta, qualcosa che faccia ricordare loro quella serata. Una volta, una signora dopo un concerto mi disse: “stasera mio marito era accanto a me, nella poltrona a fianco e ora, anche se rincaserò in taxi penserò che alla guida ci sia lui, che lo aspetterò sul portone, perché le chiavi ce le aveva sempre lui. Questo stasera mi hai fatto ricordare e non sai quanto bene mi ha fatto”.

Credo che questa testimonianza sia utile per le tante persone che magari hanno in mente qualcosa di diverso per la loro vita ma ancora non hanno potuto o voluto fare quel passo importante per tentare una carriera differente.

Fateci sapere che cosa ne pensate.

– Michele –

Croce e delizia, è una realtà.

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“Croce e delizia”, non si tratta solo di una dimostrazione di quella che piano piano diventa una realtà attuale, ma trovo che rimetta in discussione la scarsa qualità del cinema italiano.

Jasmine Trinca interpreta Penelope figlia di Tony.

Un’interpretazione italiana con una punta hollywoodiana, cinema con una recitazione teatrale, ma per nulla ostentato; intrigante coinvolgente sullo sfondo di una sceneggiatura, diciamocelo, con risvolti tipicamente anglosassoni che trattano di un tema più “ingle-americano” che italiano: omosessualità, dichiarata per giunta.

Cinema italiano, aperto dunque. Recitazione straordinaria concorrenziale agli artisti dei tempi passati che hanno portato il cinema italiano nel mondo, un cinema ora perduto che si ritrova pian piano anche con questa pellicola.

Novità che si affianca al tema trito e ritrito delle differenti e molto lontane stratificazioni sociali. Alto borghesi e proletari si scontrano, per non parlare della loro componente socioculturale. Da un lato abbiamo la famiglia di Tony (Fabrizio Bentivoglio), personaggio raffinato che per professione fa il mercante d’arte, dall’altra vi è Carlo (Alessandero Gassman) di origini decisamente più umili ed una formazione molto più semplice all’opposto di una cultura artistica. Eppure se nel caso di Tony il concetto di famiglia assume un significato molto ampio che si discosta totalmente dalla famiglia tradizionale – non certo per l’orientamento sessuale di Tony – ove l’unità e l’amore famigliare sono sconosciuti, nel caso di Carlo la famiglia è tutto, vuoi per il lutto materno che l’ha profondamente segnata e messa in condizioni di stringersi tra loro, vuoi per la sua tradizionalità radicata.

La famiglia di Tony accetta facilmente l’annuncio del suo matrimonio con Carlo, ma non tutti. Penelope la primogenita, non riesce a farsene una ragione e decide di “far zompà er matrimonio” e cerca di coinvolgere in questo piano il figlio di Carlo. Qui Italia e America si scontrano e si fondono, perchè il fatto di boicottare il matrimonio è tipico di una sceneggiatura americana ma quello di opporsi a questa machiavellica idea come fa Sandro di fronte alla richiesta di Penelope di aiutarla, è più tipicamente italiano.

Alla scoperta della omosessualità di Carlo il quale non solo si dichiara gay ma addirittura sta per sposare un uomo, la sua famiglia è decisamente meno aperta.Tutti sono sconvolti, chi si sente male, che è disgustato, chi non ci capisce niente.

Recitazione, produzione americana, temi più o meno attuali, ma è necessario portare l’attenzione ad un’aspetto importante di questo film: sebbene le famiglie siano di astrazione sociale molto diversa, si completano e si uniscono. La famiglia di Tony elitaria e raffinata, è più aperta al tema dell’omosessualità riuscendo ad ammorbidire anche la famiglia di Carlo in tale frangente; all’opposto la famiglia di Carlo ha le sue fondamenta nel valore della famiglia in senso stretto: unione, sostegno reciproco, si radicano in una famiglia ove l’indifferenza e “ognuno fa da sè”, avevano regnato fino a poco prima. Questo il centro della trama, il fulcro attorno al quale tutto ruota. Non soffermatevi alla trasgressività dei baci fra due uomini, non lasciate che il pregiudizio precluda la visione di questo film, c’è da imparare da questa storia. Potente nei valori e la loro tradizionalità ma aperta su temi forti e diffcili, non si lascia intimorire da questi e la loro contravvenzione.

Lasciatevi travolgere da questo film, siate svegli e sottili e alternerete le risate allo stupore.

Famiglia, omossessualità, chi l’ha detto che il sacro e il profano non possano andare d’amore e d’accordo?

Vianino come non l’avete mai visto

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Vi avevo detto nel precedente articolo che Vianino come quando è sottosopra non l’avete mai visto, e non sbagliavo. Vianino era davvero sottosopra, un Vianino gastronomico, artistico, musicale, divertente.

L’associazione “Amici di Vianino” in collaborazione con la trattoria Carra, hanno creato questa splendida serata, dove la trattoria serviva i piatti tipici della cucina emiliana, tortelli, arrosti, crostate e l’associazione ci deliziava con torta fritta e salumi, grigliata e patatine fritte. 

Ma prima di gustare queste prelibatezze, vediamo Vianino nella sua massima espressione.

Musica che carica per gli amanti dell’energia.

Patrizio l’artista scultore che a quanto pare, è anche pittore.

Ma questa è la versione artistica di Vianino che più mi ha stupito
Musica classica sullo sfondo di una cornice medievale, moderno e antico si incontrano e si uniscono in una danza armoniosa, credetemi se vi dico che le vostre orecchie e occhi sarebbero stati rapiti da tutto questo.

E dopo la pausa musicale da seduti, ci vuole una bella passeggiata attraverso il mercatino allestito nel viale di San Rocco.

Passiamo ora alla gastronomia, tavoli allestiti nella strada principale…

…e nel piazzale

Vianino come non l’avete mai visto!

Vianino, piccolo ma al quale non manca nulla

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Pochi conoscono Vianino, una frazione ubicata sull’appennino parmense. Paesino celato fra le colline, apparentemente anonimo e con pochi abitanti decisamente legati a quella che definisco casa in ogni sua possibile definizione, eppure per quanto minuscolo e semi disabitato nei mesi freddi a Vianino non manca nulla, storia, arte, cultura, natura, buon cibo.
Storia. Vianino purtroppo fu violentemente coinvolto nella seconda guerra mondiale,

bruciato dai tedeschi fu ricostruito grazie alla solidarietà dei suoi abitanti e al duro lavoro. Ma ancora più  lontano nel tempo ebbe la sua importanza come feudo il cui castello e il suo torrione ancora oggi ben conservato, dominava sul paesino e chi lo popolava.

Buon cibo, oggi conosciuto anche per la sua trattoria Carra

ove il cibo è  ottimo, cucinato secondo tradizione con ingredienti genuini accompagnato dalla gentilezza e dal sorriso dei suoi proprietari Carlotta e Simone.

Arte e cultura.  Centro di diverse manifestazioni culturali. Giusto di recente è  stata allestita una mostra di scultura all’interno dell’antico oratorio di San Rocco.

Gente semplice che trova il tempo, fra casa lavoro e famiglia, per alimentare la loro passione  e dare sfogo al loro talento dando forma a piccole grandi opere d’arte. Ve ne do un assaggio:

Le opere confezionate e presenti in questa mostra, sono il frutto di un duro lavoro, forgiato da mani talentuose, in un tempo rubato tra il lavoro e la famiglia, magari di notte quando tutti dormono e c’è  silenzio. Forse non sono opere degne dell’attenzione di esponenti conosciuti nel mondo dell’arte, ma se osservate bene saprete apprezzare il sacrificio intrinseco o la rappresentazione di un mestiere sperduto nel tempo ( come la mostatura fatta a mano, o meglio con i “piedi” di Natascia Cenci) o di eventi che hanno fatto la storia ( la riproduzione della testa dell’assassinio della principessa Sissi di Riccardo Manfredi) oppure la precisa geometria dei crocefissi  di Remo Tozzi; osservando queste opere capirete quanto vi sia ancora bisogno di queste persone, persone che nonostante tutto ci credono, e lavorano per quello in cui credono traendo magia da un pezzo di legno o un sasso  del Ceno o anche solo per dare vita ad un paesino che altrimenti verrebbe dimenticato. E comunque sia, non è  forse così  che hanno cominciato i grandi artisti e sognatori?

Ma a Vianino non abbiamo solo scultura, ma anche concerti di buona musica classica grazie al trio Amadei, fiere in occasione della festa del patrono San Giacomo e della Befana, e non dimentichiamo l’Associazione “Amici di Vianino” costituita da svariati volontari che per amore del paese, si danno da fare per organizzare feste e fiere durante tutto l’anno ma principalmente concentrate nel periodo estivo.

Da non perdere: tortellata di San Giovanni, tortelli fatti a mano secondo tradizione verranno serviti e cucinati dai nostro volontari;  fiera di San Giacomo con bancarelle e rappresentazioni; in particolare “Vianino sottosopra” Perché Vianino come quando è  sottosopra non l’avete mai visto.

Vi aspetto!

ALL AMERICAN ADS 80, una decade in un libro!

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  • Copertina flessibile: 608 pagine
  • Editore: Taschen; Ill Mul edizione (1 gennaio 2005)
  • Collana: Midi
  • Lingua: Inglese
  • prezzo medio: 150 dollari
  • Peso di spedizione: 2,1 Kg

Taschen è una casa editrice tedesca, specializzata nel realizzare arte con l’emissione di libri “ avvenimento”. Questa, signori miei, è la “bibbia” della decade degli eccessi, il menabò per eccellenza. Una grande ricerca per un volume prezioso che, in ben seicento pagine, riesce, in maniera superba, a condensare dieci anni di tutto ciò che di meglio hanno offerto gli 80s!Come recita un passo del libro:

“Zoom back in time to the 1980s! Vedrete stampe originali, macchine, tecnologia, cibo, liquori, sigarette, cinema,arredamento, difesa, trasporti, insomma pensate a qualcosa e c’è.”

Se avete vissuto appieno questa epoca, saprete bene di cosa stiamo parlando. In questi anni, infatti, hanno pieno sviluppo la pubblicità, le mode più strane e i prodotti che detteranno negli anni successivi le regole del mercato. Ecco alcuni esempi:

Mi scuso per la qualità delle immagini ma… ecco, diciamo che non ho potuto fare di meglio. Sicuramente saranno in grado di farvi capire di cosa stiamo parlando.

Il decennio ci ha portato anche grandi successi cinematografici, star in ascesa e film indimenticabili.

Il suo incipit recita così:

“I primi anni ’80 non facevano presagire niente di buono: la fine della guerra fredda, crimine e inflazione alle stelle, la star Ronald Reagan eletta presidente che indice una guerra stellare per conto proprio. Invece furono gli anni della generazione yuppi, del cubo di Rubik, delle maratone al Trivial, un’epoca caratterizzata da tantissime icone di stile.”

Credo che ormai abbiate capito di che tipo di libro stiamo parlando. Difficile da reperire in Italia, questo è il must che tutti gli appassionati degli anni ‘80 non possono lasciarsi sfuggire. Se, per caso, il vostro decennio non è questo, sappiate che c’è un “All American Ads” per quasi tutte le decadi. Potete, quindi, ritrovare ciò che preferite.- Michele –

Un giro per Firenze con gelato festival.

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Pensate di partire per andare a Firenze per qualche giorno, ma una volta tanto in compagnia anche di amici che vivono nella città. Questo è un po’ un racconto diverso di come visitare una grande città piena di arte e specialità gastronomiche della tradizione Toscana.

Partito di sabato senza alcun programma arrivo a Figline Valdarno, piccolo paesino a poca distanza da Firenze. In realtà la scusa principale era il raduno di ‘Avventure nel mondo’ che si svolgeva proprio lì. Lo scorso mese di Maggio avevo fatto un bellissimo viaggio in Israele ed era l’occasione perfetta per rivedere alcuni dei viaggiatori del mio gruppo. Ci siamo quindi ritrovati in un bellissimo camping, la giornata assolata e meravigliosa con un gran numero di persone tra piscine e stand provenienti dalla gran parte di Italia. La serata arriva presto, tra un frullato alla frutta fresca ed una visita al centro della piccola città di Figline, i nostri compagni fiorentini ci portano in un ristorante dove ovviamente ci buttiamo su un menù tipico. Bruschette, salumi (finocchiona buonissima) e ovviamente una grigliata con le specialità di carne.

Il giorno seguente si parte alla volta di Firenze. Mentre siamo in macchina qualcuno dice “ sapete che su fb ci sono foto del festival del gelato?” E così ci buttiamo in piazzale Michelangelo, una terrazza meravigliosa dalla quale si ha un panorama della città senza paragoni.

Proprio qui troviamo la fiera del gelato. Prendiamo subito una card per gli assaggi e proviamo insieme i gusti più particolari e strani, es: gelato alle alghe, alla bottarga, crema catalana con limone cannella e uvette, cioccolato fondente 72% con arancia e tanti altri.

Qui vedete il truck dei mastri gelatai.

Una volta pieni di gelato sino agli occhi siamo scesi nel centro città. La visita ci porta vicino alla chiesa del Santo Spirito un mercatino dell’antiquariato lungo tutta la strada attira curiosi, esperti e non. Infine ci fermiamo un bar pub bellissimo. Una volta nello stabile lavoravano la paglia facevano cappelli ecc.. e tutti gli attrezzi erano rimasti esposti. A fianco del bancone una sala molto particolare con poltrone e tavolini, dove poter gustare una torta fatta in casa o bere qualcosa mentre si legge un libro o si fanno quattro chiacchiere con gli amici.

Riprendiamo il nostro cammino e arriviamo a palazzo Spini Feroni, sede oggi della maison di Salvatore Ferragamo. Posto che non ho nulla contro il grande Salvatore, vi confesso che vedere un palazzo storico come questo di proprietà di un marchio di moda mi ha lasciato con un pò di amaro in bocca.

Subito sulla sinistra ci troviamo dietro Ponte Vecchio sempre pieno di vita e gioiellerie come ben sapete. Ha sempre un grande fascino. In pochi minuti di camminata arriviamo a Palazzo Vecchio gremito di turisti stranamente giapponesi.

Lasciamo il pezzo forte per ultimo in quanto non ha bisogno di presentazione, ma bensì di grande ammirazione. Si perché si rimane a fissare per minuti interi senza stancarsi

Volevo trasmettervi la passione della giornata trascorsa. Poco prima di rientrare siamo andati a Piazza Pitti dove sono entrato in un piccolo negozio Oro Nero. Vedono tè e cioccolato. Il negozio molto ben fornito con prodotti di altissima qualità. Avrei voluto comprare della cioccolata ma vista la temperatura della giornata ho deciso di rinunciare. Vi assicuro però che vi erano grandissime miscele di tè. Io ho preso una scatola in latta con una miscela del Rajastan, profumata e speziata che oltre a fare un tè buonissimo, può essere usata per aromatizzare il latte caldo.

La giornata purtroppo è finita presto e l’indomani sarei ripartito per un’altra città. Ringrazio molto Francesca Bini la nostra amica fiorentina che ci ha fatto da cicerona per il soggiorno.

-Michele-