Love Life

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Ammetto sin da subito che ho guardato questa serie per la sua protagonista Anna Kendrick ( famosa più per il cinema che per le serie). In soli 10 episodi, questa serie cerca di spiegarci l’amore nelle sue forme e soprattuto, l’amore per sè stessi che è la cosa più difficile da trovare. Gli episodi esplorano la vita personale di Darby seguendola per ben 15 anni della sua vita, relazioni, amicizie e tutto quanto ne consegue.

Vediamo i suoi primi amori come Augie, che sembra essere la persona perfetta per lei. Come in ogni vita di ciascuno di noi, anche Darby è piena di dubbi e di domande. I suoi obiettivi amorosi e lavorativi vanno avanti di pari passo. Nei vari episodi farà esperienza su come distinguere una cotta da un vero amore, a come non immischiarsi in relazioni amorose nel lavoro o di come non fidarsi di certi soggetti che appaiono sin troppo equilibrati.

Ci sono poi le amiche, quelle sempre presenti, quelle che ti accompagnano nella vita, quelle un pò alla “Sex and the city”, che però a volte sono ancora più fragili e mettono a rischio una grande amicizia e il tuo mondo si capovolge perchè non sai come affrontare le cose. La vita di Darby trova punti in comuni con tutti noi, perchè i suoi amori, la sua famiglia e i suoi amici, sono quelli di tutti noi.

La sua vita amorosa va di pari passo con i fallimenti professionali, sino a quando Darby si ferma e cerca di capire la cosa più importante. Chi è e che cosa vuole fare, indipendentemente da tutti gli altri, famiglia, amici, compagno e vita professionale. A questo punto quando inizia a capire i suoi bisogni e le sue aspirazioni, ciò che le si muove intorno inizia ad avere un senso e la sua vita si ricompone. Essere felici non è avere qualcosa di specifico o raggiungere i propri obiettivi, ma trovare un buon ecquilibrio con sè stessi.

Ecco perchè vi consigliamo la visione di questa miniserie che racconta un pò la storia di chiunque. Non si pone come un manuale da seguire ma rende i problemi sentimentali e non comuni a tante persone con gli stessi dubbi, frammi, gragilità e da una speranza concreta.

Michele.

The Bold Type

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Vi parlo di questa serie americana molto leggera, che si ispira alla vera vita di Joanna Coles, ex caporedattrice di Cosmopolitan. Rivista molto famosa che tutti avrete sentito per lo meno nominare. Guardando al prima serie, di getto viene un pò il paragone con il famoso ” Sex and the City”. Infatti anche The Bold Type è ambientanto a Manhattan, patinata e leggera la serie si appoggia sulle tre protagoniste.

Jane, Kate e Sutton sono le tre amiche per la pelle che lavorano per la stessa rivista “Scarlet” specializzata in moda e spettacolo. Come tutte le millenials, le tre ragazze affronteranno le sfide lavorative, ma soprattutto relative allaloro vita di relazione e sessualità. Gli argomenti sono affrontati con leggerezza ma non troppo superficalmente, perchè il taglio vuole essere fresco e non pesante. La serie ècomposta di 5 stagioni totali e l’ultima è attualmente in programmazione.

Oltre a lavorare assieme, le ragazze vivono anche nello stesso appartamento, dandosi un supporto essenziale l’un l’altra. La caporedattrice della rivista è Jaqueline, donna molto raffinata e con una visione del futuro chiara ed esperta. Sarà spesso lei che più che come capo, come ruolo di modello saprà dare loro la spinta e le giuste motivazioni per superare i conflitti personali e lavorativi. Niente di originale all’orizzone come serie tv, ma per quanto scontata la serie è scorrevole, piacevole e leggera. Qualcosa di non troppo impegnativo visti i tempi pesanti. Sicuramente rivolta ad un pubblico più femminile.

Tra sfide lavorative e personali, le tre ragazze dovranno farsi strada in un mondo competitivo come quello di NY e quello personale e più complicato. Anche le differenti età ed esperienze lavorative, affrontano diverse problematiche in cui anche il pubblico può riconoscere esperienze simili. Potete trovare la serie sia su Netflix che su Prime Video, mentre in chiaro attualmente su La 5.

Buona visione soprattutto in compagnia

Michele

Dynamo Camp, sessione Araba

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Lo scorso mese di Aprile, ho partecipato alla prima sessione internazionale a Dynamo Camp. Per chi lo sentisse per la prima volta, potete leggere qui di cosa si tratta.

Ingresso

In questi ultimi mesi in cui non si sente altro che parlare di guerre e migranti, noi abbiamo affrontato la sessione Araba. Lasciate fuori i pregiudizi, vi assicuro che chi era li con me ha vissuto un’esperienza straordinaria. I ragazzi ospitati venivano da 4 paesi differenti e con età variabile, da bambini a teenager. La nostra prima preoccupazione era la lingua, la seconda gli accompagnatori che arrivavano con i ragazzi. Un misto tra Arabo, francese, inglese… insomma un bel mix. Eppure molti dei volontari con me non si sono fatti spaventare. Il linguaggio dei bambini è universale e dopo soli 2 giorni abbiamo iniziato ad entrare in sintonia.
Posso assicurarvi che i ragazzi dopo un primo momento di adattamento, si sono poi mischiati e adattati gli uni agli altri. A dimostrazione che loro non sentono barriere culturali o religiose che spesso invece, siamo noi ad avere in testa. In questa avventura ho conosciuto molti volontari, gentili, disponibili e di grande supporto. Tra i tanti vi propongo le testimonianze di Stefano e Betta. Quest’ultima a dire il vero è una RC (Responsabile di Casetta). Sempre sorridente e disponibile, ha subito accettato di raccontare la sua esperienza.

mensa

Parlare di Dynamo è sempre un’emozione, ma è molto difficile. Per capire Dynamo bisogna viverlo, tuffarcisi dentro…e il gioco è fatto, non riesci più a staccartene completamente. La mia avventura è iniziata nel Marzo del 2009 ed ho partecipato a (credo, ho perso il conto) 29 sessioni: ho conosciuto una miriade di persone tra bimbi, ragazzi, giovani e (come me) meno giovani. Ogni volta un’emozione ed un coinvolgimento nuovi, giornate che sembrano infinite con mille cose da fare ma che volano e in un attimo arriva il momento dei saluti. Ecco questo lo definirei il momento peggiore, inevitabile ,ma straziante. Dentro di noi i giorni prima dell’inizio sessione, facciamo il conto alla rovescia delle ore che mancano all’incontro con questi meravigliosi bambini. Proviamo ad immaginarli, cerchiamo di escogitare strategie per farli divertire, abbiamo paura, una tensione positiva che ci spinge a dare il meglio di noi. Ci domandiamo: “Come saranno?” “Sarò all’altezza?” “Riusciremo a divertirci tutti insieme?”   E magicamente questo accade sempre.

alloggi

Credo che i bambini siano uguali in tutto il mondo, anche i bambini malati con le loro difficoltà e i loro problemi hanno una gran voglia di lasciarsi andare e vivere la gioia della libertà condividendo la loro “condizione”. Nell’ultima sessione (aprile 2016) 94 bambini provenienti da paesi lontani e problematici, di culture ed abitudini così diverse dalle nostre (Arabia Saudita, Marocco, Giordania, Iraq) hanno condiviso giochi, divertimento, attività, balli e musica e anche noi dynamici abbiamo superato qualsiasi difficoltà. Era una scommessa non da poco: non tutti parlavano inglese e anche tra loro, sia bimbi che accompagnatori, facevano fatica a capirsi: pensiamo al numero di dialetti così diversi nella nostra piccola e stretta penisola. L’impaccio linguistico inizialmente ha un po’ condizionato i rapporti, si poteva palpare la frustrazione dei volontari che non riuscivano ad instaurare un rapporto “veloce”… ma poi, bastava un gesto, uno sguardo, una risata e tutto filava liscio. La comprensione avviene attraverso molti canali, basta ricordare che uno dei momenti più apprezzati da tutti, grandi e piccoli, è stato uno spettacolo circense bastato solo sulla mimica che ha coinvolto tutto il pubblico e grazie al bravissimo Edoardo (l’artista) si è creata un’atmosfera magica, di unione, che ha abbattuto qualsiasi barriera e differenza. Questo per me è Dynamo. Ancora una volta grazie a tutte le persone che con tanto amore e volontà dedicano tempo e fatica a questa realtà. Sono 10 giorni faticosi, 24 ore su 24, impegnativi, bisogna essere sempre concentrati ma sorridenti. Il segreto è divertirsi insieme ai ragazzi, da loro riceviamo sempre molto di più di quello che noi doniamo.

Ciao,
Betta

volontari

Essere volontari a Dynamo, non è fare una vacanza, ma impegno, motivazione e vivere emozioni forti tutti insieme. Una fetta di vita da condividere che ti fa comprendere in maniera piena, quanto poco esistano le differenze che tutti abbiamo nella nostra testa.

Stefano è un dynamico che sprizza positività esternamente, mentre io più internamente… per questo ho trovato affinità di carattere, ed ho chiesto la sua testimonianza:

Mi è stato chiesto di partecipare a questo buon progetto da Michele, ho subito accettato anche se l’impresa risultava ardua. Ho passato troppi minuti a pensare a cosa poter scrivere, troppi giorni ad arrovellare il cervello per scegliere come raccontare un mondo che forse non conoscete ma, alla fine, tutto è partito con l’ultimo pensiero avuto:

Restare bambini. Non importa come, dove, quando… L’importante è non dimenticare di esserlo stati e di potersi nuovamente immedesimare; ancora, ancora ed ancora ricercare quello che potrebbe essere il punto di vista di un bambino. Bisogna ogni tanto abbandonare la pigrizia del “io sono già stato li”,” L’ho già fatto questo” e “conosco bene quello” perché vi porterà solo a saltare direttamente a conclusioni.

teatro

Della sessione in questione ho imparato a mie spese (cit. essendo stato soprannominato un diavolo della Tasmania) sì abbiamo bisogno di alcune regole, sì necessitiamo di essere guidati, ma anche no o meglio con le giuste dosi. Ho visto bambini far del ” male” fisico ad altri ma alla fine piangere perché avevano capito di aver sbagliato. Ho ascoltato alcuni esclamare: ” Ma devo mischiarmi a loro?!” e poco dopo (veramente poco) giusto il tempo della presentazione ridere insieme.

Ne ho inseguiti altri, perché volevano semplicemente raccogliere dei fiori e correre all’impazzata per il puro piacere dell’aria buona. Ne ho fatti ammattire altri ancora, per giocare alle mille versioni di 1-2-3 … Ne ho osservati tanti cambiare nel giro di pochi giorni e capire che le barriere sono soltanto create da noi un po’ più cresciuti, che le differenze in realtà non ci sono e che tutti siamo diversamente uguali.

Stupitevi. Guardate con meraviglia. Siate dei viaggiatori immaturi. Dite più spesso “perché no?”, lasciatevi tentare dalla pazzia, tanto il mondo è già pazzo di suo. Tutte le cose veramente belle di questa vita spettinano, ergo coltivate questo innocente stato di stupore.

Stefano.

A fine sessione si arriva completamente esausti, ve lo garantisco! La sera dell’ultimo giorno piccola riunione per condividere le grandi emozioni vissute. E’ stata l’occasione per una foto di gruppo, ditemi voi se le facce dei volontari vi sembrano volti di persone stanche o di grande entusiasmo…

Dynamici

Spero di avervi fatto cogliere un briciolo delle emozioni che Dynamo sa dare. Un pizzico della grande passione che tutti i dynamici mettono dentro e fuori dal campo. Ringrazio la mia casetta: Umberta, Francesca ed Alessandro. I dynamici che mi hanno accompagnato, assistito, sostenuto in tutta la sessione. Un grazie alla mitica RC del Marocco… Federica, il collante della nostra casetta (foto sopra mentre si lavora).

Diteci cosa ne pensate, se anche voi avete vissuto queste o altre esperienze.

– Michele-

info.comepiaceavoi@gmail.com

THE BIG C, quando la tv racconta la dura realtà

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Sono diverse settimane che vorrei parlare di questa serie e ho deciso di farlo ora, anche se non è semplice per l’argomento che tratta. The big C, per chi non lo sapesse, è il cancro. Questa serie per la prima volta tratta un tema molto duro e difficile.

A Cathy viene diagnosticato un melanoma; qui parte la grande avventura della sua vita per qualcosa che metterà a dura prova lei e la sua famiglia. Sposata con Paul, un marito spesso immaturo e superficiale, Cathy, inizialmente, tenta di mantenere nascosta la sua malattia. Il figlio Adam, adolescente, vede la madre come un ostacolo ai suoi obiettivi ed è spesso molto duro con lei. Cathy insegna alla Scuola Superiore del figlio ed è, quindi, sempre costretta a vederlo e frequentarlo. Infine, c’è il fratello Sean con un problema bipolare che non vuole curare con i farmaci perchè convinto che lo uccideranno.

Le quattro stagioni che compongono la serie sono molto brevi ma anche intense. Vengono raffigurate le reazioni di Cathy ai tentativi di cura. La vediamo cercare di mantenere insieme la sua famiglia e di riprogrammare una vita che cambia completamente.

Dopo che la sua malattia viene resa pubblica, la donna dovrà lasciare il suo lavoro e concentrarsi su sè stessa e la sua famiglia. Trovo che questo telefim riporti uno spaccato davvero reale e altamente drammatico dei malati di cancro. Chiunque di voi ha perso qualcuno per questa patologia ritroverà tantissimi riferimenti reali e, vi avviso prima, sarà molto dura seguire tutti gli episodi. Il finale è immaginabile ma, è tutto il viaggio che compie Cathy, la cosa importante.

La protagonista è interpretata da una straordinaria Laura Linney che, per questo ruolo, si è veramente meritata un Emmy. A supporto ci sono gli altri bravissimi attori, in primis Oliver Platt che interpreta il marito. Una sceneggiatura mai scontata e banale è in grado di raccontare l’amarezza di una vita che si spegne pian piano, senza pietismi o facili luoghi comuni.

Quando arriviamo alla fine, ci rendiamo conto che Cathy ha realizzato il suo intento: lasciare una famiglia più unita che mai, in grado di guardare nuovamente al futuro con fiducia.

Consiglio a tutti la visione di questo racconto, soprattutto a chi non è mai stato toccato dalla “Big C”. Vi darà solo un’idea di ciò che ogni giorno devono affrontare molte persone. Per chi di voi vuole rendersi conto meglio, vi lascio qui sotto il video del momento per me più doloroso: quando il figlio di Cathy, per la prima volta, capisce che la madre non solo sta male, ma sta morendo e cerca di preparare biglietti e regali futuri per lui.

– Michele –